domenica 23 ottobre 2011

Verso Ravenna


È davvero meraviglioso riempirsi gli occhi con le manifestazioni di Fede che naturalmente emanano dal popolo non appena viene estirpata l'eresia! Quale prova migliore di come i cuori degli uomini siano naturaliter cristiani cattolici, se non vengono deviati e oppressi dalla falsa dottrina?
Così, non appena avemmo concluso il nostro sacro dovere con Don Avati ed i suoi accoliti, fummo circondati da tutti gli abitanti di S. Ezechiele tranne una (che aveva voluto ringraziare in particolare con Vent-Otto, alla maniera dei peccatori), e, festanti, si unirono a noi per una messa notturna, di quattro ore, che volli celebrare io stesso. La prima consacrata dopo anni. Quei volti, così commossi all'udir parlare di giustizia Divina, avevano qualcosa di soave, di meraviglioso. Il loro pentimento appariva così puro che abbandonai ogni proposito di soffermarmi ad indagare se ci fosse qualcuno da condannare al rogo, anche perché maggiori impegni ci chiamavano altrove, a Ravenna.

Il popolino avrebbe voluto trattenerci, mi offrì di rimanere come loro curato , e lo esprimeva in ogni modo, con suppliche, ma sta scritto che i servi del Signore non devono fermarsi mai in un luogo più del necessario ad adempiere la missione che è stata loro assegnata. Così sfuggiamo i rischi della vanagloria, perché nell'esaltazione sarebbe troppo facile dimenticare che siamo solo polvere, e polvere ritorneremo (anche ora).
Dovemmo quindi rifiutare, e ci rimettemmo in marcia verso Ravenna, con la promessa di inviar loro un prete conforme alla purezza dei loro animi.

La strada non era né bella, né comoda, anche a causa delle recenti piogge, ma appariva relativamente sicura, e così fu sino a sera, quando riparammo in un avamposto del dazio, per una sera tranquilla e non priva delle piccole soddisfazioni che allietano i giusti. Il luogo era custodito da alte mura, un pugno di uomini e da Don Ballinzoni, un buon uomo, che nonostante fosse forse troppo liberale (inorridii quasi al sapere che l'uomo che, per aver bestemmiato durante una partita a carte, era appeso quale monito nella Gabbia del Pentimento per alcuni giorni pasteggiava quotidianamente con pane e acqua), riusciva a mantenere un contegno decente perfino nella taverna. Qui io e Fratello Celestino chiacchierammo con alcuni avventori, mentre Fratello Gioacchino e Vent-Otto si ritirarono in camera. Considerato che l'oste aveva una figliola, ho guardato a tale scelta del nostro Germano come un indizio che il Signore, forse anche accompagnandolo con pii sodali, gli avesse toccato il cuore.
Fratello Celestino parò per un po' con un sedicente tenente americano, cacciatore di morti fuoriuscito dalla temibile banda del Generale Moore a causa di dissidi con i troppo brutali e poco onorevoli modi del suo capo; io scambiai alcune parole con un mercante itinerante, ma non ne carpii alcuna informazione utile, salvo che anche l'Illustre Inquisitore Claudio Maria Tandrelli (Frate Ruina) si aggirava in quelle zone.

Al mattino, riprendemmo il  nostro viaggio per Ravenna, e vedemmo con mano quanto ricca d'insidie sia la vita dell'uomo, che anche quando si sente sicuro può essere toccato dalla sorte, e quindi non deve mai indugiare nel peccato, ma sempre essere vigile come una vergine che, con la lampada, attende la sposa.
Due morti stavano percuotendo la porta di un carro scarlatto, semirovesciato sul ciglio della strada. I cavalli giacevano in terra, già dilaniati. Senza porre tempo in mezzo, ci lanciammo in soccorso dei vivi che, evidentemente, si trovavano all'interno del veicolo. Vent-Otto era così desideroso di mostrare la superiorità del suo fucile, che dimentico di non essere un buon cavaliere sparò un colpo che, oltre ad andare a vuoto, compromesse seriamente la sua stabilità, e solo per buona sorte non ruzzolò nel fango.
Nel frattempo, io e Fratello Celestino eravamo giunti corpo a corpo. La carica del Templare fu devastante, in pochi secondi rese inoffensivo un Morto, mentre io faticai un po' di più nello sbarazzarmi del mio (del resto i Templari sono il braccio armato di S. Madre Chiesa, noi Inquisitori abbiamo il compito di indicare la retta via), anche per via delle pallottole di Vent-Otto che fischiavano intorno, fortunatamente senza colpirmi, e di ciò ringrazio Iddio, perché pretendere che colpissero addirittura il mio avversario sarebbe stato troppo, a meno che Santa Barbara stessa non le avesse guidate.
Appena fu tutto finito, dal carro emersero un teatrante e suo figlio, colmi di gratitudine. Il teatrante era anche un ottimo artigiano delle maschere, e per sdebitarsi riparò la maschera demoniaca che i miei compagni di strada avevano trovato rovinata. Purtroppo, non seppe dirci nulla che già non sapessimo su di essa.
Ci accompagnammo sino a Ravenna, dove ci separammo: il teatrante si indirizzò da suo padre, che lì risiedeva, noi ci indirizzammo alla Rocca templare, dove Fratello Celestino fu accolto con ogni onore, mentre Vent-Otto in quanto peccatore, ed io in quanto Inquisitore, fummo relegati in una casupola esterna.
Da una parte il mio cuore fremeva d'ira per l'arroganza dei Templari, che scioccamente perseguono la divisione fra coloro che dovrebbero essere fratelli in Fede, come se la lotta contro il Male che alberga nel mondo potesse essere condotto da loro soli, e non da tutti gli uomini pii e di buona volontà assieme. Ma, dall'altra, capivo i loro cuori accecati dall'orgoglio e dai pregiudizi contro gli Inquisitori, che troppo instancabilmente predicano e indicano e all'occorrenza impongono financo con il fuoco la via della virtù, e sta scritto che i servitori di Cristo saranno odiati a causa del Suo Nome.
Ma, quando oramai la sera era già calata, comparve fra noi, nella casupola, portando un gran vassoio di cibo, Fretello Celestino.
La Fede unifica e fortifica i virtuosi, oltre i simboli che recano sul petto.
C'è speranza.

venerdì 21 ottobre 2011

Il Caprone smarrito...


San Ezechiele è ormai alle spalle. Mi torna in mente come la gente festosa pregava frate Novella e Celestino di rimanere. Ricordo con invidia questo momento. La fede aveva protetto Novella all’interno della chiesa salvandolo dalle pallottole, la fede ha protetto Celestino mentre uccideva il mostro del fiume. Forse la fede può proteggere anche me e farmi sentire amato!
Penso queste cose coricato sul letto di questo anonimo paese al di fuori di Ravenna.
In ogni luogo loro sono sempre ben accetti, io invece disprezzato e visto come una minaccia.
Penso alla mia vita priva di ogni certezza e in questo viaggio mi accorgo quanta speranza e fiducia ha dato Celestino a tutti coloro che incontra. Mi sento in colpa per cosa ho pensato su Granbrace!
E’ mattina mi alzo e mi trovo con i miei compagni a mangiare colazione, in quel momento il prete arriva a darci il benvenuto, in realtà da il benvenuto a tutti al di fuori di me!
Il viaggio riprende senza grandi problemi. Durante il cammino salviamo un uomo e suo figlio chiusi nella carrozza mentre erano attaccati da 2 morti. I miei proiettili sono stati come sempre implacabili nei confronti della minaccia, hanno poi terminato il lavoro Novella e Celestino! Proseguiamo insieme un tranquillo viaggio verso Ravenna.
Penso che dovrò parlare con Novella e confessarmi. Lo farei ora nella rocca dei Templari mentre Celestino è andato a parlare con i suoi fratelli, ma ho paura che i miei peccati siano troppi per un inquisitore, verrei forse bruciato dopo pochi minuti di confessione.
Quando trovo il coraggio irrompe nella stanza Celestino con la cena e dice di fermarsi con noi a dormire invece di usufruire delle comodità del suo ordine.
Mi addormento ci saranno altre occasioni…  

domenica 16 ottobre 2011

La morte di fratello Ariosto detto "Granbrace"


"Venerabilissimo Gran Maestro,
Le invio la presente missiva carica di tristezza e disperazione, per comunicarle che Nostro Signore ha chiamato a se il fratello Ariosto.
Il fratello è caduto per colpa di vile avvelenamento, i nostri nemici oltre che seguire una "falsa fede" ed un "falso Dio" non sono neanche stati in grado di affrontarci degnamente.
Aggiungo Gran Maestro, e questo spero possa rendere più sopportabile la perdita di un valido combattente ed uomo di fede, che fratello Ariosto prima di perire ha avuto la forza e la fede per estirpare un pericoloso atrox. Sarà inoltre lieto di sapere di che il paese di San Ezechiele è stato ripulito dagli infedeli prima dell'intervento di Fra Ruina, questa volta siamo riusciti ad estirpare il male preservando delle vite.
Mentre leggerà queste righe, Maestro, insieme ai miei compagni avrò già affrontato il duro compito che ci attende come unico dei tre templari partiti.
Spero che il Signore mi protegga e mi dia la forza di portare a termine il mio compito e mi dia la possibilità di riconsegnare personalmente Agnus Dei alla famiglia di fratello Ariosto.

"Non nobis Domini, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam"

Fratello Celestino.

La vera gloria è di chi si fa servo, non di chi si esalta...


Appena arrivato a S. Ezechiele, subii la prima Tentazione del Demonio: davanti a me un uomo giaceva appena squartato in molti pezzi, chiaramente subito dopo la morte. Era stato un templare, come era evidente dalle insegne sulle sue membra, e anzi un uomo di straordinario eroismo, purezza, fede e rettitudine, perché io lo riconobbi subito dalla testa ancora intatta, quella di Fratello Ariosto “Granbrace”, di cui si dicevano mirabilie.
Era incredibile pensare che un uomo di un tale valore avesse potuto soccombere, ed infatti più tardi appresi che non era morto in un combattimento leale, ma attraverso il più ignobile dei sotterfugi, l'avvelenamento.
Ora, però, mentre l'anima l'aveva lasciato, a raccogliere la giusta mercede dei suoi atti preclari nel più alto Empireo, il corpo era rimasto qui, scosso dalla maledizione, alla mercé del Demonio, che infatti si era impossessato di lui e gli faceva proferire parole di apparente innocenza, come di un vivo, nel tentativo di condurmi nell'inganno blasfemo che molti eretici propugnano, riguardo all'esistenza di morti consapevoli, nonostante gli anatemi e i pronunziamenti di Santa Madre Chiesa Cattolica.
Provvidi immediatamente a ridurre la povera testa in brani incapaci di proferir verbo, affinché menti più semplici e meno salde nella Fede della mia non fossero tratte in inganno. Poi, mentalmente recitai una preghiera per l'anima dello sventurato: a volte i disegni del Signore sono davvero imperscrutabili ai nostri miseri occhi mortali. Perché, ad esempio, non aveva preso quel peccatore, quello scellerato di Vent-Otto? Forse per punire i mortali e aiutarli, tramite la sofferenza, a meglio guadagnarsi il Regno dei Cieli?
Le condizioni del corpo mi portarono immediatamente ad intuire che i compagni del povero Granbrace non potevano essere lontani, forse proprio in quell'antico convento diroccato che vedevo poco oltre...ma prima che potessi interrogarmi troppo, fui quasi colpito da un proiettile sparato da qualche essere blasfemo, che si faceva beffe dei Sacri Segni che porto su di me come solo i più ignobili possono. In effetti, aveva sparato Vent-Otto, ma i suoi compari lo ridussero presto a più miti consigli, e fu un bene, giacché avevo una missione che mi riconduceva a loro: Frate Ardizzone mi aveva incaricato di portare una missiva a colui che si faceva chiamare Fratello Gioacchino: gliela consegnai non appena gli altri si furono distratti.
I buoni uffici dei due, veri o presunti, uomini di Chiesa valsero insieme al rispetto che incutevano il mio ruolo ed il nome onorato del mio patrono ad aggregarmi alla compagnia per ispezionare le sale dell'antico convento, nel quale incontrammo la blasfemia e l'orrore.
La blasfemia era nel libro Pseudomonarchia dei Demoni, ma siccome Dio ama instillare la sapienza anche nei luoghi più inattesi, fu attraverso di tale tomo che potemmo decifrare una lettera antica, scoprendo gli atti con cui si riconoscono gli Adoratori del Demonio, e il luogo e la data del loro blasfemissimo rito: a Ravenna, a San Renato avrebbero accolto un nuovo discepolo.
L'orrore era in un Morto, un pittore che ancora compulsivamente dipingeva prendendo ispirazione da un cadavere decapitato e oscenamente incatenato ad una croce. Il Morto era stato un pittore della zona, tale Nicola castiglioni, trapassato nel 1945, come mi rivelarono i miei nuovi compagni, e che aveva riempito il paese delle sue orride tele. Dalla morte, evidentemente non faceva che dipingere e ripetere: “Sono belli i miei colori”. Ma dovevamo ancora scoprire il peggio, una scena così orrida da far rabbrividire perfino me, che sono stato capace di assistere al rogo e alla tortura di coloro che consideravo amici, ma si erano rivelati eretici, senza battere ciglio. Decine di Morti decapitati erano incatenati in una stanza: i soggetti del pittore.
Quando ci allontanammo dal convento, tutti i Morti erano ridotti a brandelli.

Forse i peggiori, però, erano i vivi. Vivi che avevano potuto concepire l'infame progetto di avvelenare un uomo come Granbrace: dovevano essere punti.
Attendemmo il favore delle tenebre per scivolare in paese. Le luci della Chiesa erano accese: confidando di non essere ancora noto ai peccatori che vi si riunivano, entrai. Il prete stava accarezzando un bimbo ritardato con un pugnale, certo per qualche rito immondo. Lanciai i miei anatemi, ma egli non sembrava volersi piegare nemmeno di fronte alla Santa Inquisizione(Santissima direi io, ndr). Mi gettai verso di lui, proiettili dei suoi accoliti mi saettavano vicino senza poter scalfire la corazza della mia Fede, in un attimo fui sul prete, lo segai in due con il mio Requiem, in modo che non potesse nuocere né da vivo, né da morto. Quando mi voltai, vidi gli accoliti riversi in terra, uccisi, ma uno, Armando, il più grosso, si stava già rialzando, con un ghigno demoniaco. Mi lanciai contro di lui, e ancora una volta la mia Fede ebbe la meglio sul Male.
Lo facemmo a brani perché non potesse più nuocere, mentre Vent-Otto, che dal mio arrivo avevo visto solo sparare addosso a un uomo di Chiesa come me e nascondersi nelle retrovie, era già fuori a ricevere le acclamazioni dei paesani e – Dio mi perdoni – specialmente delle paesane. Ma è scritto che la vera gloria è di chi si fa servo, non di chi si esalta, che presto sarà perduto.
Ci acclamavano perché Don Avati teneva da anni in scacco la popolazione, in combutta con i suoi accoliti, nutrendo con la carne dei viandanti avvelenati e di chi osava sollevare la testa la sorella (l'orrenda strega che aveva ferito Granbrace prima che il veleno lo uccidesse) e il pittore.
Un altro piccolo angolo di orrore era stato mondato grazie all'abnegazione della Santa Madre Chiesa, ma dovevamo ancora affrontare il peggio.
E, per me, ci sarebbe stato anche da indagare sull'eresia che serpeggiava nel nostro stesso gruppo: non riconobbi la voce, ma quando Armando si era risvegliato avevo distintamente udito qualcuno, qualcuno dei nostri, definirlo un Diabolicus. (ma la chiesa dice che non esistono morti intelligenti, ndr)

sabato 15 ottobre 2011

Dalla padella alla "Granbrace"


I dubbi su padre Ariosto sono svaniti. Qualcuno mi ha preceduto. Quel qualcuno ha cercato di avvelenare anche me e padre Celestino, senza però riuscirci. Noi siamo di un altro stampo!
Fingo lacrime e tristezza, ma vorrei straziare subito il cadavere di padre Granbrace… Lui non mosse un dito quando stavo per morire….
I nostri vili avvelenatori a quel punto ci spararono alle spalle. Ci rifugiammo in una cappella. I nostri nemici andarono via, ma giunse poco dopo qualcosa di peggio.
Mai pensai che la Chiesa volesse punirmi. Tolto un ottuso ne arrivò un altro. Mentre eravamo in perlustrazione nella cappella una voce provenne da fuori. Un uomo, che parlava per me una lingua troppo dotta e incomprensibile ancora più impastata di fede di quella di Grambrace, attirò la nostra attenzione. Lo vidi da una finestra era piccolo e coperto da simboli sacri. Intimai di fermarsi. Sparai un colpo di avvertimento, se avessi però mirato in mezzo agli occhi sarebbe stato meglio…. 

giovedì 13 ottobre 2011

Vi fidereste di padre Joaquin?



Dialogo tra un templare e un presunto prete...


Fratello Celestino: Fratello Gioacchino, siediti qui un attimo accanto a me...
Ti devo confessare che le mie ultime notti sono state tormentate da pensieri e dubbi... Come ben sai, nella mia "vita precedente" ero un militare, e come ufficiale avevo il comando di un plotone di alpini... ah (sospiro) i miei ragazzi! Sono sempre stato convinto che per ottenere il meglio da una squadra bisogna conoscere tutti i membri che la compongono, e con "conoscere" parlo dei sentimenti che li animano, di cosa li spinge a combattere e cosa fa di loro gli uomini che sono.
...Ora fratello, ritornando alle mie notti che scarseggiano del giusto riposo...(sorrisetto! ) In quei momenti spesso la mia mente ripercorre i fatti che accadono nell'arco delle nostre giornate, il male che estirpiamo, le persone che perdono la fede e non seguono la via del Signore e penso anche a voi... le persone che mi accompagnano in questo mio cammino di fede! E devo confessarti che spesso le mie riflessioni includono i tuoi comportamenti... non fraintendermi fratello, non che le tue azioni siano blasfeme o vadano contro le disposizioni della santa chiesa... ma è che... come dire, ci sono delle cose a cui non so darmi un'adeguata spiegazione...
Il Signore parla con te in modi che non mi è dato comprendere, e nella mia mente si insinua il dubbio che forse non sia il Signore a parlare... La tua fede è salda, questo è indubbio, ma è salda come quella di ogni buon cristiano... non come ci si aspetterebbe da un uomo di chiesa. Del tuo passato non conosco quasi nulla, e questo non è certo un problema, tutti noi abbiamo parti delle nostre vite che non vogliamo rendere note. Ma in occasione dell'incontro con la capa degli Excubitores di Firenze ho avuto modo di fare una riflessione...
Nel tempo intercorso tra la fine della relazione con lei ed il giorno in cui ci siamo incontrati, non avresti potuto terminare gli studi di medicina ed essere consacrato prete...per cui o non sei un medico o non sei un prete... Fratello, sento la necessità di avere risposte da te, devo sapere di potermi fidare ciecamente di te...


Padre Joaquin: E sia! Da troppo tempo indosso vanamente una maschera che non mi si attaglia. Sei nel giusto fratello Celestino, quando dubiti della mia identità. Non sono chi vi ho fatto credere d'essere finora: non sono un frate e da un po' di tempo non ho nemmeno più voglia di fingere di esserlo. È ormai da diverso tempo che combattiamo fianco a fianco, ti sei mostrato un compagno onesto e valoroso, meriti di sapere la verità.
Sono un agente al servizio dell'Igesva, i servizi segreti vaticani! Sto indagando su una serie di efferati omicidi, compiuti da una setta chiamata la “croce insanguinata” . Sono con voi perché i miei superiori ritenevano che muovermi con voi in giro per il Sanctum Imperium fosse il modo migliore per reperire una notevole mole di informazioni, senza destare troppi sospetti e avendo al contempo le spalle parate.
Quanto alle motivazioni più profonde che mi spingono a combattere, sono personali, ma come ho detto ormai sei un amico, oltre che un compagno d'armi, quindi te le rivelerò. Diversi anni fa persi in un incidente stradale i miei genitori; mia sorella era con loro a bordo dell'auto, ma il suo cadavere non fu rinvenuto e io so per certo che è viva e dunque non posso smettere di cercarla. Come so che è ancora in vita? Grazie ai miei sogni e alle mie visioni, per mezzo dei quali talvolta sono anche in grado di conoscere in anticipo quali pericoli ci attendono.
Se ti dico queste cose è perché ho fiducia che nonostante tu sia un templare, non mi accuserai di essere un eretico visionario. Sappi solo questo: se hai fatto bene a dubitare di me come frate, non hai ragione di dubitare di me come alleato fedele. E ricorda: un uomo non si giudica per quel che dice d'essere, ma per chi dimostra d'essere, attraverso le sue azioni!
Ma ora smettiamo di annoiarci con questi discorsi seri e andiamo a festeggiare con la gente di S. Ezechiele. Vieni, questo giro lo offre Joaquin il falso prete!


mercoledì 12 ottobre 2011

30 Denari


Giuda come compagno!

Io sono zoppo dalla gamba sinistra, ma devo dire che viaggiare con dei preti è come avere una menomazione peggiore di quella che già porto. Il problema è fratello Ariosto talmente estremista che neanche l’inquisizione lo voleva… 
Arrivati a San Ezechiele il suo piano per trovare il libro era “entriamo in paese… chiediamo un po’ e poi uccidiamo”. Fosse poi almeno in 
grado di farlo! 
Frate Joaquin sinceramente non l’ho ancora capito, dice di essere prete e medico, a me sembra solo un killer. Segue gli altri nelle 
funzioni religiose… forse più per dovere che 
per piacere. L’unico di cui mi fido è fratello
Celestino. E’ come camminare con un armadio a due ante accanto, ma  nella sua impulsività 
ci capiamo… è vero mi ha colpito … ma oggi mi ha anche salvato il culo. Forse era un modo 
per chiedermi scusa per le percosse date per avergli danneggiato la sua “seghetta”.
Alla prima uscita nel paese i tre compagni decisero di andare in chiesa per la messa! Come 
se la Bibbia gli rivelasse cosa dovevamo fare…. Di idee tanto non ne avevano quindi l’unica 
era che arrivasse lo Spirito Santo a dire cosa fare!!! Io non sono certo una marionetta come loro e  decido di girare e vedere il paese, un uomo si accosta e mi bisbiglia veloce “stasera a 
mezzanotte al fienile fuori il paese”. Avevo una pista, dovevo poi solo spiegarla ai miei soci e quello sarebbe stato più duro.
Nel pomeriggio infatti al posto di stare tranquilli e non dare nell’occhio padre Ariosto decide 
“faccio un giro e domando informazioni” ….. Ma allora è un babbeo senza cervello!!! Siamo in un paesino isolato, tutti si conoscono, l’aria è abbastanza inquietante e lui va a fare domande 
rischiando di far saltare il gancio trovato.
Infatti così è stato, la notte nessuno si presentò e il giorno dopo dovetti dar foggia della mia 
mira colpendo alla testa il mio contatto mentre ormai morto cercava di attaccarci.
Notai inoltre dietro la chiesa le tombe intatte dell’artista del paese e di sua moglie. Nulla di 
strano se non fosse che l’artista del paese aveva tappezzato tutti i luoghi della città con i sui 
affreschi macabri e che i due erano morti nel ’45. I miei compagni per intuito non brillano e non capiscono che nel 45 si era terminato di sotterrare i cadaveri, proprio per evitare di trovarseli a camminare per la strada la sera stessa… 
Fratello Ariosto secondo me fa il doppio gioco e vuole attentare alla mia vita e a quella di 
Celestino. Ha insistito parecchio per perlustrare una zona fuori dal paese. Arrivati sul luogo abbiamo trovato una barca e lui al posto di attraversare insieme il fiume ha deciso di farci 
separare in due gruppi. Lui e frate Joaquin passarono indenni. Io e Celestino fummo attaccati da una creatura infernale a metà del fiume. Celestino come un eroe combatteva contro il 
mostro e mi salvava la vita, l’infame Ariosto invece stava a guardare dall’altra parte della riva. 
Devo parlare con Celestino dei miei dubbi, Ariosto è un vile che con una croce sul petto e la
bocca impastata della così detta fede, che nasconde le sue intenzioni infami. A Celestino devo la vita ad Ariosto gli la prenderò se le miei ipotesi saranno fondate…

Il convento oltre il fiume


Dal diario di Frate Joaquin...


Nella boscaglia, oltre il fiume, c'è un convento... Dentro il convento, una pietra dell'altare si muove... Ora sono sott'acqua, mi manca il fiato. Cerco di risalire in superficie, ma dannazione qualcosa mi trattiene e anzi mi tira giù verso il fondo! ...oh mio Dio, ma sono i miei compagni...Morti!!!

Un altro dei miei incubi... Ormai li ho quasi ogni notte e quel che è peggio è che non posso sapere in anticipo se si avvereranno ancora, com'è successo con la trappola della casa in fiamme a Firenze, o se si tratta soltanto del parto malato di una mente delirante.
Questi non sono i pensieri di un prete, osserverebbe un ipotetico lettore. Già... Ormai anche i miei compagni sembrano essersene accorti. E le mie uscite vaghe e sibilline sui pericoli che dovrebbero attendere il gruppo, non aiutano certo a dissipare i loro dubbi sul mio conto. Ma se Dio vuole non ci sarà alcun lettore e queste righe rimarranno solo per i miei occhi; quindi posso lasciar perdere le finzioni, smettere i panni di frate ed essere finalmente me stesso, almeno su questo pezzo di carta.
Dopo una notte di incubi e insonnia, mi alzo e sono pronto a proseguire il cammino con i miei compagni. Lasciamo la banda sgangherata di King (se quella di King è sgangerata, la vostra allora com'è? ndr): rimarranno a Sant'Elisa ancora qualche giorno, ad aspettare che arrivi la ricompensa per aver ripulito la cittadina dai Morti. I Cacciatori di Morti non sono il massimo per me, ma questi ragazzi sono stati una manna dal cielo: senza di loro, probabilmente a quest'ora saremmo anche noi cadaveri putrescenti, che marciano senza riposo alla ricerca di carne umana.
Dopo alcune ore raggiungiamo S. Ezechiele. È un paese non troppo grande, ai piedi di un pendio e per un lungo tratto circondato da un fiume. Gli abitanti ci scrutano da lontano con diffidenza, ma considerato il mondo dimenticato da Dio in cui ci troviamo a vivere, meglio vedere un vivo poco cordiale che non si avvicina per salutarti, anziché un Morto famelico che ti si avventa contro per sbranarti.
Il primo a rivolgerci la parola è un bambino ritardato, che ci sciorina un'inquietante filastrocca su un fiume e una strega. L'unico ad avere un valido motivo per esserne scosso sarei io, visto il sogno che ho fatto la scorsa notte, ma anche sugli altri la cantilena sortisce un certo effetto e sbianchiamo tutti: tutti tranne l'imperturbabile Celestino, ovviamente, che ci scuote “delicatamente”, ricordandoci implicitamente che, se proprio vogliamo un motivo valido per spaventarci, lui è sempre disponibile.
In seguito, facciamo la conoscenza di Don Avati, il parroco del paese, che ci accoglie con disponibilità, non fa troppe domande e provvede pure a trovarci un riparo dignitoso per la notte: niente male 'sto prete! Ci sistemiamo nella casa disabitata di un pittore ormai defunto, che doveva avere una spiccata predilezione per le decapitazioni: alle pareti notiamo infatti molti suoi quadri di gente con la testa tagliata, più un quadro che rappresenta la cittadina di S. Ezechiele, a cui è stato strappato un angolo. Dopo esserci dati una ripulita, Granbrace, Celestino ed io presenziamo alla messa di Don Avati, mentre Otto si fa un giro in paese; quando lo rivediamo ci racconta di essersi accordato con un uomo che gli ha fatto intendere di avere importanti rivelazioni da farci e che ci vuole incontrare nottetempo al fienile del paese.
Siccome non abbiamo altre piste da seguire accettiamo e a mezzanotte usciamo di soppiatto, evitiamo i probi viri di ronda ed eccoci. Attendiamo diverso tempo ma il nostro uomo non si fa vivo e l'espressione è davvero calzante: il giorno dopo ce lo ritroviamo a spasso per il paese in qualità di Morto simplex! Subito Otto ne fa una poltiglia con il suo carcano, rendendo vani i miei tentativi successivi di comprendere la causa del decesso.
Alla messa di quel giorno – che Celestino aveva proposto sarcasticamente di farmi officiare, palesandomi ancora una volta quanto ormai la mia copertura da frate sia ridotta a brandelli – Don Avati ricorda il nostro defunto contatto. Dopo la messa, Otto e Granbrace si recano all'emporio del paese per cercare qualche nuova pista da seguire e ne rimediano un foglietto della spesa con su scritte cose costose e difficili da reperire, come della stoffa particolare, tele, pennelli, tempere, roba da pittore insomma. Poiché questo al momento non ci porta a nulla, decidiamo di andare a esplorare quella zona del paese che nel dipinto in casa del pittore era stata rimossa. In verità, si tratta di una zona poco fuori dal paese, che raggiungiamo in pochi minuti di cammino. Arriviamo in riva al fiume che costeggia il territorio e mentre ci avviciniamo vediamo che, dall'altro lato del fiume, oltre gli alberi, c'è un convento che sembra abbandonato. Proprio dove siamo giunti è legata una scialuppa, pronta per attraversare il fiume.
Subito mi torna alla mente l'incubo e un brivido freddo mi corre lungo la schiena. Cerco di avvertire i miei compagni, accennando confusamente al fatto che ho un brutto presentimento su questo fiume. Stranamente vengo ascoltato, anche perché la filastrocca del bambino sul fiume e la strega ha spaventato anche loro: per prudenza decidiamo di attraversare il fiume due a due e i templari si tolgono l'armatura, per non andare a fondo in caso finiscano in acqua. I primi ad attraversare siamo io e Granbrace: tutto fila liscio e quasi gli altri sono già pronti a deridere i miei timori. Ma proprio mentre Celestino e Otto sono a metà della traversata, di colpo la barchetta viene sollevata da una forza misteriosa e i due finiscono nelle gelide acque del fiume. Subito Granbrace ed io lanciamo una corda in direzione dei nostri compagni: Celestino riemerge quasi subito, ma sembra che Otto sia trattenuto in profondità da qualcosa o qualcuno... Celestino si immerge di nuovo per recuperare il Cacciatore di Morti e dopo poco torna in superficie trionfante e acchiappa la corda. Tirarli fuori non è facile, ma con uno sforzo sovrumano mi avvolgo la corda intorno al braccio sano e tiro con tutte le mie forze, così da riportarli all'asciutto. Ma non è finita, perché dall'acqua emerge il responsabile del bagno fuori programma: è un Morto Atrox e non ha intenzione di darcela vinta tanto facilmente! Si avventa contro di noi e ferisce Granbrace, ancora privo dell'armatura. La mia pistola colpisce alla testa il Morto, ma non è sufficiente e lo stesso vale per l'expiator di Granbrace; è fratello Celestino a dare il colpo risolutivo, aprendo la strega del fiume da parte a parte.
Dopo la battaglia ci guardiamo intorno ansanti, mentre io presto le prime cure a Otto che è svenuto e rischia l'ipotermia. Siamo riusciti ancora una volta a sfatare le visioni dei miei incubi, ma cosa ci aspetterà in quel convento oltre gli alberi?

sabato 8 ottobre 2011

"NON NOBIS DOMINE SED NOMINI TUO DA GLORIAM"


"Perdonami Signore, perdonami perchè oggi ho peccato.
Perdonami perchè oggi ho dimenticato di essere un tuo umile servo e che le Tue vie sono a volte così misteriose da essere per me incomprensibili. Ho lasciato che l'ira si impadronisse di me, che offuscasse la mia mente e mi lasciasse agire come una fiera anzichè come un tuo umile servo. Come ho potuto non capire che la tua benedizione, oh Signore, anche oggi è calata su di me proteggendomi dal male! Come ho potuto essere tanto cieco da non vedere la grazia che mi hai concesso! Per ben due volte hai fatto in modo che colpi, per me potenzialmente fatali, fossero parati da Liberanosamalo anzichè straziare le mie carni. Come ho potuto lasciare che la perdita della mia arma, anche se la più efficace ad adempiere al Tuo volere, abbia permesso di scagliarmi contro Otto con ferocia picchiandolo fino a farlo svenire. In cuor mio l'unica speranza, è che anche la "lezione" impartita al fratello Otto faccia parte di un Tuo piano, e che serva magari a riportarlo sulla retta via, del resto a volte alcune pecorelle necessitano di essere sollecitate col nerbo per rientrare nell'ovile."

Obscura Veritas


Ogni giorno la stessa cosa.
I morti marciano sulle terre che ormai non gli appartengono più. La chiesa e i potenti usano la paura della gente per dominarli. La fede mi ha abbandonato... come si può aver fede in un dio che ha fatto diventare il suo giardino la rappresentazione dell’apocalisse? Non è certo con la fede che si ridà la vita all'uomo. Solo nel fucile, nelle asce e nelle granate...io credo. Apro gli occhi, per quanto posso perchè il mio sangue mi solca il volto, i miei compagni e il gruppo di King sono furiosi con me! Sono stato preso a pugni per punizione... l'ira di un uomo di fede ha preso il sopravvento su di lui. In realtà e la sua stessa fede che ha diretto la granata dove non doveva cadere. Mentre lanciavo, qualcosa che io non so spiegare, deviava il mio tiro(Un bel fante di coppe, ndr). Se tutto è già scritto da un dio che non riconosco, forse questa è la punizione per la mia eresia? Se il dio dimentica i vivi per salvare i morti io dimentico lui. Meglio tacere sui miei pensieri, coloro che mi circondano sono ciechi e non voglio essere il loro oculista. Non vedo l'ora di scaldare la mia testa su un seno di donna e perdermi nei piaceri. La gamba sinistra è diventata come un tronco di legno, ci farò l'abitudine... ora di tronchi ne ho due. Per ora seguo i miei compagni, loro mi hanno trovato e sono una buona fonte di guadagno.

Beati i poveri in spirito, perchè di essi è il regno dei cieli


Implacabile e lento è il Signore nel colpire i malvagi, che mai possono dormire sicuri, certi che tosto o tardi il castigo divino li incenerirà; altrettanto implacabile, ma ben più rapido, è nel colpire i buoni che deviano dalla Sua strada, affinché prontamente vi tornino.
Grazie, Signore, per averci inviato il Tuo monito prima che troppo ci allontanassimo da Te.
Rimessi in cammino alla volta di S. Ezechiele, presto ci imbattemmo in una squadra di individui armati di tutto punto, dotati financo di un mezzo cingolato e di una jeep armata di pesante mitragliatrice: non era possibile sbagliarsi, si doveva trattare di una squadra di Cacciatori di Morti, di quelli veri ed efficienti, molto lontani da colui che avevamo accolto fra le nostre fila. Cacciatori, per intenderci, usi più a inseguire i cadaveri che non le vive.
Attirati dalla naturale solidarietà fra i vivi (cui la Grazia infonde umanità, se non vengono posseduti dal Demonio), e in second'ordine da un delizioso odore di caffè, ci avvicinammo. Subito ci si parò davanti un uomo di colore alto e robusto, dapprima minaccioso, ma presto disponibile, specie dopo l'arrivo del suo capo, un altro omaccione scuro, dall'accento americano: si trattava di King, e quella era la sua celeberrima banda di Cacciatori.
Dopo averci accolto fra loro, King ci spiegò che erano lì per ripulire, dietro lauta ricompensa papale, due paesi lì presso dai Morti. Due paesi che ci dividevano da S. Ezechiele, per cui fu presto trovata l'intesa: noi li avremmo aiutati nella loro opera, loro ci avrebbero garantito copertura. Io subito proposi di suggellare l'accordo e propiziarsi il Cielo per la battaglia attraverso una notte di raccoglimento e preghiera.
Ed ecco la Deviazione! Ecco che tutti si discostarono dal Retto Cammino! Sta scritto:
"Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini; perché vi metteranno in mano ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe”
Così, il mio Santo proposito fu oggetto di scherno, anzi gli scellerati arrivarono a minacciarmi con pistole, affinché non continuassi con le mie incitazioni, evidentemente perché sapevano che ciò sarebbe stato giusto e la coscienza rimordeva loro. Ma io scossi la polvere dalle mie suole, e mi ritirai in preghiera solitaria, mentre al campo gli scellerati si dilettavano in passatempi da osteria. Vent-Otto fu anche umiliato da King in una oscena competizione basata su quella che considerava la prima delle sue virtù.
Ma le pecore smarrite non sapevano che così preparavano la loro rovina.
La Rovina che si sarebbe realizzata per la loro stessa mano.

L'indomani attaccammo il paese di San Terenzio. Eravamo schierati in posizione favorevole, in attesa dei Morti che, come previsto, uscirono dal villaggio barcollando lenti verso di noi, in posizione ideale per essere falcidiate dalle mitragliatrici dei cacciatori. Ma ecco l'imprevisto: due Feroces, un bimbo e un mastino, si precipitarono rapidissimi verso di noi. Il bambino ci fu addosso prima che potessimo girare le mitragliatrici, ma gli Agnus Dei e Liberanosamalo posero rapidamente fine alla sua corsa eterna.
A questo punto, Dio decise di castigare i peccatori, armando la mano empia di Vent-Otto, che ebbe l'idea di gettare una bomba a frammentazione radente il carro armato, in direzione dei morti. Ed ecco, la mano divina fece aprire un portello del mezzo corazzato, la bomba vi urtò contro, rimbalzò fra di noi, esplose.
“Fratello” Gioacchino si gettò di lato, ma nell'impatto il braccio destro si ruppe; Vent-Otto riportò gravi ferite alla gamba; uno dei cacciatori perse completamente una gamba, diversi furono feriti. Il Signore volle salvare solo me e Fratello Celestino, che la sera primo Lo avevamo ricordato: mi difese con il tronco di un albero, mentre Liberanosamalo fu il riparo del mio confratello. Certo, si ruppe, ma le armi, almeno, si possono riparare.
Alcuni Morti ci erano addosso, noi eravamo ridotti a mal partito, ma il Signore, nella sua infinita generosità, volle concederci un'altra opportunità, e riuscimmo così ad eliminare i cadaveri che erano giunti sino a noi.
Non facile fu aiutare gli esseri umani: “fratello” Gioacchino fece, credo, del suo meglio, ma dovette amputare la gamba del cacciatore di morti, Vent-Otto probabilmente rimarrà zoppo per sempre ed io stesso, morso da un Morto nella colluttazione finale, fui ad un passo dall'infezione.
Quella sera, anche Fratello Celestino mi fu d'aiuto nel convincere tutti a pregare, e infatti il giorno dopo prendemmo il successivo paese, Sant’Elisa, senza particolari difficoltà, e perfino una bomba lanciata da Vent-Otto colpì nel segno.
La cattura del villaggio fu, anzi, fortunata per noi, giacché vi trovammo quel che restava dell'uomo in moto che ci sfuggiva da Firenze: il suo zaino, per metà immerso in acqua. Tutti i preziosi ivi contenuti ci furono requisiti da King, a parziale compenso dei danni da noi (ossia da Vent-Otto) provocati: egli non sapeva, o fingeva di ignorare, che quei danni erano stati causati anche dalla sua mancanza di fede. Ciò che rimaneva nello zaino era però prezioso per la nostra indagine: una maschera demoniaca, un gemello con il simbolo del serpente, la copia della Pseudomonarchia dei Demoni trafugata dalla casa di Olmi (purtroppo in gran parte illeggibile a causa del contatto con l'acqua), e infine i documenti dell'uomo, che lo identificavano come Adolfo Micheli.
Per la sera ci accampammo lì, in modo da rifocillarci e curarci prima di ripartire per S. Ezechiele. Eravamo ancora feriti, ma non potevamo attendere troppo: era già il 2 novembre, e S. Renato si avvicina.
Spero almeno che questi funesti accadimenti ci servano da monito per il futuro a non deviare dalla Santa via della Fede.