lunedì 17 dicembre 2012

Auguri

BUON NATALE E BUON ANNO DALL'ARMATA BRANCALEONE E DAL COM. BARACCA


CI RIVEDIAMO A GENNAIO!!!

domenica 16 dicembre 2012

La caduta di Minosse


Ho sempre sostenuto che il rogo sia il modo migliore di redimere gli infedeli e gli eretici, ed il Signore ha voluto darne una conferma anche agli increduli: abbiamo arso lo scellerato Fratello Giocondo, e subito è comparsa la sua copia perfetta nell'aspetto, simile nello spirito, ma animata da spirito e zelo cristiano! Come non si può scorgere il disegno divino in ciò?
Fratello Ruggero avrebbe addirittura voluto uccidere Drakonis Papadopulus, il messo che Minosse ci aveva mandato per chiederci di andare da lui, nella sua città assediata, a discutere di pace; ma poi le sue parole illuminate, la sua professata fede cristiana, la sua volontà di rovesciare il pagano ci convinsero. Certo, avrebbe dovuto scegliere il martirio, come ogni buon cristiano, invece di piegarsi ai riti pagani imposti dal tiranno dell'isola, ma allora non era ancora redento, redento dal rogo del suo alter ego – perché non può non esserci un legame fra i due. Io decisi addirittura di benedire il coltello di Drakonis, per testimoniare la sua nuova vita fra i fratelli in fede.
Fratello Ruggero nutriva qualche diffidenza, del tutto giustificabile sul piano bellico, mentre Antonio Maria Accobelli addirittura fornì di nascosto un fucile a Drakoins, come fu scoperto da Matteus durante il viaggio verso Cnosso.
Benché Drakonis avesse parlato di un passaggio segreto (che sarebbe poi l'antico Labirinto, a suo dire ancora abitato dal Minotauro – probabilmente il frutto di qualche blasfemo rito magico), decidemmo di entrare in Cnosso dalla porta principale, come ambasciatori. In verità, avremmo voluto chiedere a Minosse di uscire, ma – com'era prevedibile – rifiutò. Decidemmo di entrare lo stesso, in dieci, pur fiutando una trappola: Minosse, però, non considerava che Iddio era con noi.

Io, Fratello Ruggero, Lotar Matteus (ora nominato secondo), Antonio Maria Accobelli e Drakoins fummo ammessi alla presenza di Minosse, dopo aver lasciato le armi da fuoco all'ingresso della stanza. Il tiranno pagano sedeva su un trono posto al vertice di una scala, alla cui base era incatenato un essere mostruoso, mezzo uomo e mezzo toro. Intorno a lui, oltre ad alcune guardie, danzavano donne lascivamente abbigliate. Ciò che più attrasse la nostra attenzione fu, però, la maschera con cui Minosse si copriva il viso: recava impressi gli stessi segni che avevamo trovato sul medaglione che serviva a controllare i morti, e subito capimmo che era tramite essa che tutti i morti dell'isola erano tenuti sotto controllo. Distruggerla avrebbe provocato il caos, anche per le vie della città, vigilate da morti e – come avevamo notato percorrendole – in gran parte minate per scongiurare un attacco.
(A dire il vero, non escludo che per qualcuno di noi ciò che più attrasse l'attenzione fossero le donne lascivamente vestite.)
Minosse, in realtà, non voleva parlare di pace, ma di corruzione: ci offrì donne avvenenti e ricchezze purché lo lasciassimo sul trono, ma noi siamo vincolati al voto di castità e povertà, e non avremmo saputo che fare di quelle offerte. Fratello Ruggero rifiutò fieramente: l'unica offerta possibile era la resa in cambio della vita di Minosse stesso.
Di fronte alla nostra fermezza, il folle tiranno, come dimentico dell'assedio, volle provare ad ucciderci, scatenando il Minotauro e le sue guardie, ma noi eravamo pronti a tale evenienza, ben conoscendo l'infingardia che alberga nel cuore degli infedeli, e reagimmo. Io lanciai con precisione il mio rosario (che conteneva una granata NdA) contro Minosse, ma uno dei suoi schiavi fu pronto a lanciarsi davanti a lui, finendo sbriciolato in sua vece. Intanto, Fratello Ruggero si occupava del Minotauro: benché intontito da un poderoso pugno della bestia, forte al punto da spezzargli l'elmo, riuscì a reagire con un memorabile colpo di spadone che recise di netto la testa della creatura. Minosse, compreso che in me albergava la protezione del Signore e certo impaurito dallo Stocco Pontificio che pendeva al mio fianco, provò ad eliminarmi, probabilmente considerandomi il più pericoloso. Provò a lanciarmi una delle sue maledizioni, ma nulla possono le magie blasfeme contro chi è benedetto dal Signore: riuscì giusto a bruciarmi gli abiti, lasciandomi ignudo (promemoria: la prossima volta, benedire anche gli abiti, o almeno le mutande).
Intanto, Drakonis si era allontanato con un scusa, e compariva portandoci le armi da fuoco: Antonio Maria Accobelli imbracciò il suo San Michele Mitragliere e con una raffica precisa spezzò maschera e testa di Minosse. Improvvisamente, i morti di guardia cominciarono a trascinarsi privi di volontà come simplices, e non ci fu difficile sopraffarli. In breve, io con il mio Stocco e Fratello Ruggero con il suo spadone avemmo definitivamente la meglio sul Minotauro.
Non ci fu bisogno di lottare con le guardie ed i soldati: anzi, illuminati dal Signore, gli uomini e le donne di Creta furono ben lieti di poter abbracciare la veda Fede, di abbandonare la pagania e di soggiogarsi all'illuminata guida del Sanctum Imperium. In breve, la città fu anche libera dai morti.
Ancora una minaccia incombeva però su Creta: quella dei pirati Turchi acquartierati in Spinalonga. Stando a quanto Drakonis aveva origliato da alcune guardie, essi erano d'accordo con Minosse per aggredire le nostre forze nottetempo, ma la mattina venne senza disguidi: forse, attendevano un segno.
Di certo, per liberare del tutto l'isola avremmo dovuto affrontarli presto. Intanto, però, la bandiera della Santa Croce sventolava su Cnosso, sulla nostra fortezza, su tutta l'isola. Era tempo di una grande Messa celebrativa, per ringraziare Iddio della conquista.  

mercoledì 28 novembre 2012

Arrivederci Adolf, ora vivrai in me!


Da tempo sento la sua presenza. Devo vederlo. Grazie mio Dio per avermi dato questa occasione.
Creta sta per cadere sotto il controllo di quelli che chiamiamo i liberatori. Il mio signore Minosse sta per perdere il suo trono, i sui morti e le mostruosità sotto il suo potere sembrano non essere sufficienti a fermare le truppe italiche che alcuni di noi chiamano ospitalieri. Tra di loro c’è un essere speciale, uno come me! Un essere turbato dal suo stato, che a fatica trattiene i suoi io. Non conosco il suo nome o meglio dire i suoi nomi.
Devo incontrarlo.
Sarebbe la prima volta che potrei conoscer un mio simile, un uomo tatuato con un numero sul petto. Forse potrei scambiare la mia esperienza o meglio la nostra. Il rischio di recarmi al forte degli italiani è grande, anche se conosco la loro lingua senza sapere come l’ho imparata.
La fortuna però sembra girare dalla mia parte, Minosse conosce il mio potere, sa le mie abilità innate e ha deciso di farmi chiamare a palazzo per una missione. Anche se non amo il mio signore l’occasione è ghiotta. Entro in città da un passaggio segreto che gli italici non hanno ancora scoperto, evito sia il fronte ospitaliero che i controlli dei militari cretesi, anche loro sono all’oscuro del tunnel.
Arrivo a palazzo e i consiglieri di corte mi consegnano un manoscritto per trattare una tregua e l’alleanza, devo consegnare il messaggio e farlo accettare se così non fosse sono minacciato di morte, minaccia che sarebbe subito applicata se mi rifiutassi di andare.
Come ambasciatore mi viene facile raggiungere il forte, vengo scortato da soldati italici stupiti per il mio accento pugliese.
Ormai vedo il forte e le bandiere pontificie. Ad un tratto sento il mio corpo bruciare. Un calore e un dolore tremendo mi colpiscono. Crollo a terra e perdo i sensi, sento le voci dei soldati, ma non riesco a reagire. Vedo me stesso bruciare al rogo, ma capisco di non essere io. Uomini tristi pronunciano i suoi nomi alcuni lo chiamano Baracca, altri Giocondo, altri Adolf.
Vedo dei suoi compagni alcuni sono felici altri no. Non conosco i loro nomi. Sento solo una frase che Giocondo pronuncia ardendo nelle fiamme : “ Grazie Ruggiero per la seconda possibilità, ti considero più di un capo, sei un Fratello….”.
Riprendo i sensi, capisco i problemi di quel uomo e mi sorprendo delle sue moltitudini, tutti Loro sono in me e si aggiungono agli Altri.
Sono arrivato tardi, ho fallito. Beffarda è la sorte. Forse è un disegno di Dio e io come sua pecorella devo ringraziare per il dono ricevuto.
Nel forte tutti mi guardano stupefatti, quattro uomini arrivano a me, uno si chiama Ruggiero. Non posso dirgli cosa so. Appena mi vedono mi chiamano come sospettano Giocondo, ma devo deluderli e spigargli di essere Drakonis Papadopulos.
Ruggiero vorrebbe uccidermi perché non crede alle mie parole(minchia che ruffiano), io lo posso capire e come ci insegna il Signore nostro Dio devo saper perdonare. La non conoscenza può rendere ciechi e deboli. Capisco cosa prova, capisco che ha perso un amico, per fortuna sua ora sono qua e potrò colmare il suo dolore.
Non ho interesse di tornare da Minosse, anzi vorrei liberare questa terra. Lui si crede l’altissimo, ma non conosce la statura di Dio.

martedì 27 novembre 2012

L'ultima missione di Baracca


Quasi un mese di arresti domiciliari dopo (mentre la campagna per la presa dell'isola procedeva di successo in successo, e il sedicente Minosse era messo alle strette), finalmente un Santo Tribunale Inquisitorio si stabilì a Creta per riportare il Vero. Lo attendevo con la fiducia dei giusti, e ne avevo ben donde: esso non solo stabilì il vero, ma mi permise anche di spiegare la mancata esplosione del Connestabile al colpo di Stocco Papale.
Io, Fratello Giocondo, Fratello Ruggero, il tedesco Lothar e Accobelli sedevamo al banco degli imputati; quest'ultimo, si incaricò anche di difenderci. L'Inquisitore, Sua Eccellenza don Claudio, iniziò subito gli interrogatori, chiedendo a Lothar perché fossimo armati ad una cena, e Accobelli cominciò a dimostrare la sua virtù argomentativa, spiegando che era una norma di sicurezza tenersi sempre pronti in zona di guerra. E così, guidato dalla voce del Signore che giuda infallibilmente i Giusti nella propria difesa, ribatteva ad ogni domanda, come uno Scudo di Fede, e quando io rivelai che eravamo inviati del Sant'Uffizio, mandati a smascherare un infiltrato nell'Ordine, individuato nel Connestabile (come provava il cavallo nero tatuato sulla spalla, segno degli affiliati ai Decussi), la partita sembrava vinta.
Almeno, fino a quando si parlò di Fratello Giocondo.
A questo punto, Sua Eccellenza l'Inquisitore (dopo aver senza difficoltà mostrata l'instabilità mentale del soggetto, anche con alcune registrazioni che ne mostravano le possessioni e la testimonianza delle “mogli di Minosse” da lui molestate) ci mostrò delle foto inequivocabili, che mostravano Fratello Giocondo intento a darsi al buon tempo con avvenenti e disinibite fanciulle (il che non era difficile a credersi), ma anche in compagnie compromettenti: spie del Quarto Reich. Altre carte testimoniavano che aveva mandato continue informazioni su Malta a tali emissari dell'eretica potenza germanica.
A nulla valse che Antonio Maria Accobelli ricordasse le prove di valore dimostrate da Fratello Giocondo; a nulla il disperato intervento di Lothar: come è giusto, l'Inquisitore condannò il reo al rogo.
Noi tutti fummo, invece, dichiarati innocenti, ed io anzi menzionato con merito e ufficializzato come Cappellano Militare dell'Ordine Ospitaliero.
Sarà dura redimere questi poco pii fratelli, ma il Signore mi darà la forza.

Grazie, Signore! Se avessimo colpito il Connestabile uccidendolo senza creare un caso da processo, forse non sarebbe stata svelata l'altra Serpe che la Santa Madre Chiesa allevava nel suo seno, Fratello Giocondo, che con perfida astuzia da una parte si mostrava coraggioso, dall'altra mirava alla distruzione dell'Ordine Ospitaliero, provando ad uccidere con le sue granate, quando se ne prestava l'occasione, i massimi gradi di tale Ordine; inviando le sue informazioni fuori; soprattutto, fiaccando gli spiriti degli uomini attraverso il peccato di lussuria, da lui così fomentato anche attraverso la blasfema istituzione del Convento della Rasata.
La sera stessa, il suo corpo mortale ardeva sul rogo. Che Dio accolga la sua anima fra i giusti. Anzi, le sue anime. Dopo la giusta permanenza in Purgatorio. Anche se dubito che lo farà.

Il mattino dopo, un messo di Minosse veniva a chiedere pace e collaborazione, proprio mentre da Malta ci segnalavano che una nave era sbarcata sulle coste; una nave guidata da una Mummia, un morto (apparentemente) di cinquemila anni prima. Assurdo e inconcepibile!
Ma non solo quello che accadeva a Malta e in Egitto era incredibile. Ricevemmo il messo: era del tutto uguale a Fratello Giocondo.

sabato 24 novembre 2012

Il traditore


Imperscrutabili e misteriose sono le vie del Signore, eppure infallibilmente conducono al Bene: da stolti e peccatori è dubitarne anche per un solo momento, come mostra la vicenda che ci occorse dopo aver scoperto che il Connestabile, sotto i panni della massima autorità ospitaliera, celava un'identità di Decusso Sanguigno. Ci invitò a cena, provò ad avvelenarci, per poi lanciarsi, sguainata la spada, contro me, Fratello Giocondo e Fratello Ruggero, che eravamo debilitati, ma non piegati dal nefando intruglio che ci aveva propinato nei piatti e nel vino – ed al quale, come appurammo in seguito, si era reso immune con la lenta assuefazione.
Reagimmo: io sguainai il Consacrato Stocco Papale e mi gettai sul Connestabile,  mentre i due Fratelli tenevano a bada due guardie giunte in soccorso dell'eretico. Io ero molto più piccolo del mio avversario, ma sapevo che al mio fianco erano schierate le invincibili Possenze Angeliche, dunque nulla temevo. Colpii il mio avversario, confidando che simultaneamente lo ferisse anche la Spada di San Michele, facendolo esplodere o quanto meno venir meno.
Invece, lo ferii appena e la mia arma ruzzolò via: per un attimo temetti di aver colpito un giusto, altrimenti non si sarebbe spiegato lo strano evento, ma poi mi sentii rassicurato in cuor mio, e continuai la pugna. Il Connestabile reagì, aprendomi un grande squarcio nel ventre, di cui porterò a lungo la cicatrice. Mi gettai sotto il tavolo, dove sapevo di trovare una nuova arma: la Mitragliatrice Consacrata di Accobelli (il quale intanto continuava a schiumare sangue).
Sentii Ruggero e Giocondo che si gridavano l'un l'altro di non uccidere le guardie intervenute, che nulla sapevano dell'eresia del loro capo, e che solo eseguivano degli ordini.
Sentii l'urlo di Ruggero e Giocondo che venivano feriti.
Vidi pezzi di guardie tranciati di netto dal corpo dai colpi dei due confratelli.
Intanto, avevo trovato la Mitragliatrice Consacrata. Non avevo mai usato uno di quegli arnesi, ma ero sicuro che i simboli sacri avrebbero guidato la mia mano, così uscii da sotto il tavolo e premetti il grilletto. Anche se si è sostenuti dalla Mano dell'Altissimo, non è facile tenere salda una mitragliatrice mentre spara raffiche di colpi, ma tuttavia non ferii nessuno dei miei amici e distrassi il Connestabile (già malfermo per il colpo di Stocco Papale), dando modo a Fratello Ruggero di finirlo con un colpo possente del suo spadone.
Recuperai lo stocco, e lo conficcai ripetutamente nel corpo del Connestabile, accusandolo di eresia.
In quel momento, entrarono le altre guardie.

mercoledì 21 novembre 2012

Il Serpente nel Sacro seno della Chiesa


Guardati dai pagani, dai nemici esterni della Chiesa, certo, ma non dimenticare che i più temibili nemici della Fede si nascondono nel suo seno, come ben sa da secoli la meritoria istituzione della Santa Inquisizione, che tanti eretici ha giustamente arso vivi. La Chiesa moderna non è da meno.
Fieri dell'aiuto concessoci dall'Altissimo nella nostra impresa di liberazione degli Ospitalieri imprigionati, tornammo al campo con un peso aggiuntivo: Fratello Giocondo, forse in ossequio alle sue parti meno nobili, aveva anche catturato le avvenenti meretrici che avevano indotto sulla via del peccato i nostri militi e poi li avevano addormentati per agevolare l'ingresso al forte dei pagani. Tuttavia, devo ammettere che non sbagliò fino in fondo: avremmo potuto interrogarle. Fratello Ruggero poté, infatti, parlare con una di loro, che sembrava esserne la guida e che sapeva esprimersi in italiano. Certo, non fu facile: Fratello Giocondo era troppo interessato, riguardo alle donne, a particolari e dettagli che esulavano da quelli prettamente attinenti alla tattica di guerra per liberare l'isola dalla pagania. Fu necessario tramortirlo con i possenti pugni di Fratello Ruggero (che Dio gliene renda merito).
Le meretrici si qualificarono come “mogli di Minosse”: sposate con cretesi, erano anche concubine del sessantenne dittatore infedele, a loro dire perché altrimenti la loro famiglia sarebbe stata sterminata (ma non sembravano particolarmente pentite). Fratello Ruggero promise loro che non le avrebbe punite, se ci avessero dato tutte le informazioni utili a liberare l'isola dal flagello pagano. Esse acconsentirono, ma non potemmo parlare: le sentinelle corsero ad avvertirci che stavano arrivando ben venti navi battenti bandiera cristiana, con in testa una Galeazza guidata addirittura dal Gran Contestabile in persona! Bisognava accoglierlo, e così Ruggero ordinò che le donne fossero piantonate in Chiesa (scoprimmo in seguito che Fratello Giocondo riuscì egualmente ad importunarle, eludendo la sorveglianza).

Il Contestabile si dimostrò subito una persona priva di ogni scrupolo religioso: accettò il patto che avevamo stretto con i tedeschi, ma volle che le donne fossero uccise (e questo era comprensibile) dopo che i militi si fossero presi diletto con loro (e questo era peccato!). In pratica, Ruggero era esautorato, e Fratello Giocondo meditava una liberazione delle meretrici, che io stesso mi trovai ad incoraggiare.
Ebbene sì, la incoraggiai. Antonio Maria Accobelli aveva infatti interpretato un messaggio cifrato nascosto dal nostro informatore a Malta (e che probabilmente era stato ucciso proprio per questa scoperta): il Gran Contestabile era un eretico, un infiltrato dei Decussis Sanguigni! Lo provava il tatuaggio dell'organizzazione che portava sulla spalla, oltre ai suoi ordini peccaminosi. Non c'era altra possibilità che ucciderlo, e così ci risolvemmo a fare io e Antonio Maria Accobelli, e ci avrebbe molto aiutato la confusione causata da una fuga che – se fosse stata organizzata da Fratello Giocondo – sarebbe sicuramente stata scoperta. Ubi maior, minor cessat.

Tutte le nostre trame, i nostri piani furono mandati in fumo dall'azione del Contestabile: spesso il Maligno opera rapidamente nelle sue azioni, che però non sempre vanno a buon fine. Egli invitò me, Antonio Maria Accobelli, il colonnello tedesco con il suo secondo Matthaus, nonché ovviamente Fratello Ruggero con il suo secondo Giocondo ad una cena privata. Lo osservai: mangiava lo stesso cibo che ci veniva servito, così anche se non mi fidavo di lui ne assaggiai egualmente, immaginando che le insidie sarebbero arrivate da altre parti.  Invece, improvvisamente Antonio Maria Accobelli e Matthaus cominciarono a vomitare sangue, caddero come morti con il volto nel piatto. Anche io non mi sentivo bene, e ho la netta impressione che lo stesso provassero Fratello Ruggero e Fratello Giocondo. Il Contestabile balzò in piedi tenendosi la pancia, ma troppo arzillo per essere veramente avvelenato, accusando a gran voce il colonnello tedesco, al quale sparò un colpo alla tempia. Intanto chiamava le guardie: due ospitalieri entrarono di gran carriera.
Come aveva potuto avvelenarci senza avvelenare se stesso? In quel momento, non era tempo di interrogarsi, ma solo di sguainare lo stocco e difendersi: dovevamo lottare per le nostre vite, poi ci saremmo scagionati.
Ma per scagionarci, dovevamo sopravvivere.
Sguainai a fatica lo stocco: spero che il Signore ci venga nuovamente in soccorso contro questi nuovi, più infami Suoi nemici.

domenica 18 novembre 2012

Il quarto d'ora Ospitaliero...



Calpestiamo l’erba e guardiamo da questo spalto, che la natura ci offre, l’accampamento nemico che sarà il teatro del quarto d’ora ospitaliero. Scendono sul campo di battaglia :
Karl Arbenz, Muetzell, Kreuzer, Eusebio, Romeo, Valentino, Don Matteo Tommaso del Torchio, Antono Maria e Lothar Matteus guida la compagine CAPITAN RUGGERO. Il dodicesimo uomo, ultimo ma non per importanza, è il capitan Baracca che prima che gli venisse posta la domanda si offre volontario di portarsi in avanti aggirando la difesa avversaria sulla fascia per piazzare le sue bordate ed essere decisivo per la vittoria del gruppo. Con lui si affianca  anche il germanico Matteus uomo coriaceo e possente con grandi doti di velocità e senso tattico.
Volontario per il segnale è Antonio Maria che con un colpo duro ma preciso mette fuori gioco il capitano avversario, tale gesto è come uno squillo di tromba:inizia il quarto d’ora ospitaliero.
I due eroi, primi sul fronte d’attacco, sparano mine che aumentano la confusione che regna in campo. Cadono gli avversari ai interventi duri.
Capitan Ruggero e don Matteo avanzano, il primo travolgendo gli avversari l’altro non si sa perché ma in tali situazioni gli schemi saltano. Alla regia, Antonio Maria apre varchi sui nemici.
Ciò che era impossibile è realtà, non conta il numero, non contano le tattiche, non contano le dimensioni degli avversari è il cuore che fa la differenza, è il gruppo che fa la forza.
La partita è vinta.
Tutti i compagni sono con noi.
La serata si chiude con il motto: “l’importante è che vinca l’amicizia”

sabato 17 novembre 2012

Lode al Signore, che ha vigilato su di noi...


Il Signore può a volte punire le sue pecorelle quando si smarriscono, per dimostrare quanto impervio sia il cammino per chi si allontana da Lui (o altre volte per metterle alla prova; oppure per richiamare a sé il prima possibile i puri; oppure per aiutarle nel cammino di espiazione e umiltà; oppure per dar modo di dimostrare la propria Fede; oppure per una quantità di altri motivi più o meno imperscrutabili a noi miseri mortali, sui quali ora non è il caso di soffermarsi), ma quando esse mostrano segni di pentimento, non esita a scendere al loro fianco per aiutarle, anche nella maniera più manifesta.
Ed è stato un onore essere io, il misero Servo del Signore Don Matteo, ad essere strumento di tale Salvezza.
Nella notte, come angeli vendicatori, siamo piombati sul campo dei pagani. Io, brandendo il mio stocco pontificio, accompagnato da Fratello Ruggero e, soprattutto, dall'armatura della Fede, mentre gli altri, tedeschi e templari, prudentemente si tenevano indietro, quasi timorosi e quasi inattivi, salvo esplodere dei proiettili comunque utili a creare confusione nel campo nemico.
Ma io correvo, correvo avanti. Eravamo due, due contro cento, e so bene che ben poco avremmo potuto se non fosse stato per il Signore che lanciava i suoi strali dal cielo: ad ogni colpo di stocco, un nemico, morto o vivo, cadeva, esplodeva, a volte bastava un semplice mio anatema perché un fulmine del Signore che vigilava su di noi lo facesse ardere!
Le schiere dei pagani si aprivano dinnanzi a noi come acque davanti a Mosé, ed io correvo sicuro verso la mia meta, anch'essa indicata da Iddio, usando questa volta come strumento Antonio Maria Accobelli, che si era reso conto che i molti morti presenti nel campo (a partire dai cani bicefali, chiaramente dei Feros) erano controllati da un solo uomo, con l'aiuto di un medaglione. Ebbene, con un colpo preciso e guidato dall'Altissimo( più che altro dal tarocco del Carro,ndr), aveva ucciso il portatore dell'oggetto maledetto: in quel preciso momento, nel campo pagano si era scatenato l'inferno (chiaramente figura di quello eterno, che attenderà quelle anime prave, dedite al blasfemo Minosse ed ai suoi culti): i morti si erano rivoltati contro i vivi e, com'è nella loro natura, bramavano la carne di ogni essere umano la cui anima non ha ancora lasciato il corpo.
Così, io e Fratello Ruggero ci eravamo lanciati nella mischia: con le nostre parole di Fede, con il nostro coraggio, e soprattutto con la forza infusa dalla vista del Santo Segno che recavo meco, incitammo gli Ospitalieri imprigionati alla lotta, a liberarsi, a lottare contro i carcerieri per guadagnare la libertà. Pieni di Speranza e Fede, avrebbero voluto affrontare a mani nude i morti ed i nemici, ma noi consigliammo loro la ritirata: ci sarebbe stato modo e tempo per una piena vendetta. Noi continuammo: dovevamo recuperare il medaglione, prima che qualcuno dei pagani potesse trovarlo e riprendere il controllo sui morti. Provò ad impedircelo un “Titano” - come i blasfemi chiamano un mostruoso colosso formato da pezzi di innumerevoli cadaveri - , ma quando lanciai un lungo anatema contro di lui (restando immobile per una ventina di secondi, per il check di terrore fallito, ndr), l'essere cominciò ad esplodere a partire dalla testa, ed anche Ruggero diede il suo contributo di danno con la sua possente spada, pur subendo lievi ferite. Ci si parò davanti un cane bicefalo, ma lo infilzai con il mio Sacro stocco, ed il Signore lo fece saltare in aria in pezzi.
Vidi il cadavere di colui che aveva controllato i morti: stava già agitandosi, ma riuscii a strappargli il medaglione. Un attimo dopo, Ruggero lo tagliava in due con un colpo di spada.
Ci ritirammo: che morti e pagani (e quindi morti agli occhi di Dio) si scannassero fra di loro.

domenica 28 ottobre 2012

Le accattivanti donne di Creta


Il Signore è un giudice a volte lento, ma inflessibile: presto o tardi, la mercede per atti e pensieri peccaminosi colpisce i rei. Più inflessibile che con gli infedeli, è con gli ipocriti, sepolcri imbiancati che celano sotto la Croce un cuore impuro. Eppure, allo stesso tempo Egli è amore, e concede a chi si fida di Lui l'opportunità del riscatto.
Quando ero giunto a Malta, subito avevo dubitato della fede di molti degli Ospitalieri, e lo stesso Convento della Rasata destava sospetti: puntualmente, il Signore ha usato le stesse inclinazioni al peccato per perdere chi a loro era soggiaciuto.
La mattina dopo l'incontro con i Germani, Fratello Ruggero si mosse per incontrare i nuovi alleati con alcuni medici e pochi fidati, fra i quali spiccava Fratello Giocondo (più che fidato, non sarebbe stato fidato lasciarlo al forte); andammo anche io e Antonio Maria Accobelli, nella speranza di riportare all'ovile le pecorelle smarrite teutoniche.
Il viaggio proseguì senza problemi particolari: incontrammo il Colonnello ed alcuni soldati nello stesso luogo dove li avevamo trovati il giorno precedente ed essi ci guidarono nel loro baluardo segreto, un villaggio ben nascosto e ben fortificato. Nonostante temessero imboscate da parte di cani morti tricipiti (orrori creati dal fantomatico Minosse) o dai sagittiferi sudditi del pagano, arrivammo senza problemi.
Nel corso della serata, mentre i medici curavano alcuni dei soldati, guadagnammo la fiducia dei tedeschi; Accobelli, oltre alla fiducia, guadagnò anche un'eccellente arma, un Sturmgewehr 44 di fattura tedesca, che decorato di emblemi sacri avrebbe di sicuro contribuito alla diffusione della Fede.
La mattina dopo, ripartimmo alla volta del forte, accompagnati da una ventina di Germani.

Giunti al punto di osservazione, notammo una funesta spira di fumo levarsi dal forte. Corremmo: la porta era stata divelta, orme mostruose si trovavano nel cortile. Nessuno dei nostri sembrava essere rimasto, benché pochi fossero di resti di morti. Tra questi, spiccava il Priore lasciato da Ruggero al comando del forte: era stato crocefisso.
Del resto, anche degli invasori non c'era traccia. Ci mettemmo alla ricerca di eventuali sopravvissuti, e finalmente ne trovammo uno, nell'antica cripta dove era stato sepolto il Peloponnesiaco Morosini. Egli era ferito, condannato alla morte, ma riuscì a raccontarci l'agghiacciante storia della caduta del forte: donne avvenenti, figura del peccato e del Demonio, si erano presentate alle porte, implorando di essere lasciate entrare. Invece di cacciarle con vilipendio, o almeno di rinchiuderle in una sala, i militi cedettero ai desideri dei sensi e si diedero al buon tempo con esse. Mal gliene incolse! Le meretrici versarono veleno o sonnifero nelle bevande, poi aprirono le porte dall'interno ai loro alleati, ed anche ad un essere mostruoso, composto di molti morti quasi fusi assieme, che seminò la devastazione nel forte. Non era il solo abominio: c'erano i temuti cani a due teste, morti, ed altri esseri mascherati che non cadevano nonostante gli spari, quelli che i Germani chiamavano gli Immortali: probabilmente, morti controllati dal Demonio Minosse. Quasi tutti gli Ospitalieri, però, non erano stati uccisi, ma imprigionati e portati via.
In tutta questa devastazione, il Signore volle mandare un segno, un incitamento a non desistere, a credere in Lui. In punto di morte, dilaniato dal dolore, il milite si dichiarò pentito di aver soggiaciuto ai suoi istinti peccaminosi: se c'è lo spiraglio del pentimento, tutto è possibile. Lo assolsi.
Poi impugnai un ancora più tangibile segno del volere divino: lo Stocco Papale, sacra arma che si trovava incistata nelle mani dell'antico Doge e difensore della cristianità, e che ora per decreto del Signore passava nelle mie mani, per una nuova lotta Santa. Egli ci indicava la via: non bastava la Fede, non bastava la forza, ma forza e Fede dovevano unirsi nella riscossa! Levai alta la mia arma: con essa, e con l'ausilio di mitragliatrici, bombe, cannoni, shotgun e autoblindo avremmo liberato l'isola! Così mi diceva il cuore!
Innanzi tutto, eravamo in dovere di liberare i Fratelli prigionieri: forse anche nei loro cuori era germogliato il pentimento, e ora avrebbero lottato con Fede. Allo stesso tempo, dovevamo mantenere il presidio del forte, in vista dell'arrivo dei rinforzi da Malta, ed anche per non perdere le navi, che non erano state toccate. Ci dividemmo, e fu una fortuna che i Germani volessero mantenere l'impegno assunto con noi anche ora che avevamo poco da dare con loro.
Anzi, tutti, Ospitalieri ed eretici, chiesero di partecipare alla missione più pericolosa, la liberazione dei confratelli: la scelta non fu facile. Alla fine, Fratello Ruggero e il Colonello scelsero una piccola truppa di una decina di valorosi: fra costoro, io con il mio stocco, Antonio Maria Accobelli con il suo mitra, Fratello Giocondo con le sue bombe e le molotov che preparò all'uopo.
Partimmo a marce forzate, confidando che una truppa di centinaia di uomini, con almeno cento prigionieri e un mostro al seguito, non potesse che marciare lentamente. Li raggiungemmo a notte, mentre erano accampati.
Ricordate quando ho scritto che il Signore concede a chi si fida di lui l'opportunità del riscatto? Non è detto che costoro si salveranno, ma non moriranno in catene: nella peggiore delle ipotesi, lottando contro i pagani per la Cristianità, mentre cercheremo di liberarli.
Non c'è modo migliore per accedere al Paradiso.

martedì 23 ottobre 2012

Sia fatta la tua lode...


Rinfrancato lo spirito dei soldati con la predica, la benedizione, i sacri decori e le messe (inspiegabilmente Fratello Ruggero impedì di cantare la nostra letizia e lode ad Iddio suonando le campane), era tempo di uscire per una ricognizione, anche perché un riflesso ci aveva rivelato di essere osservati. Ma io ero fiducioso: se ci osservavano, dovevano essere senzienti; se erano esseri senzienti, dovevano essere vivi; se erano vivi, avrebbero potuto essere tedeschi, dunque cristiani e potenziale aiuto contro i turchi. Dovevamo però accertarci che non fossero infedeli.
Ruggero, Giocondo, io e Accobelli (per portare la Parola del Signore) ci avviammo con sei soldati verso il luogo dove avevamo visto balenare il riflesso.
Ai nostri strateghi militari non venne in mente che chi ci aveva osservato potesse presidiare la zona, e pochi minuti dopo essere arrivati avevamo una decina di fucili puntati contro ed un uomo anziano, con una divisa tedesca da colonnello, che avanzava verso di noi. Il Signore, però, aiuta chi combatte per la Sua gloria: le intenzioni dei tedeschi non erano ostili.
Certo, erano eretici protestanti, tanto è vero che non mostrarono il dovuto rispetto per la mia autorità, preferendo conversare con l'autorità militare, nella persona di Fratello Ruggero. Costoro sembravano all'oscuro di cosa fosse accaduto negli ultimi anni fuori da Creta, e bisogna ammettere che Ruggero fu abile a guadagnarsi la loro fiducia e la loro alleanza. Si trattava, infatti, dei paracadutisti tedeschi qui venuti a conquistare l'isola prima del Gran Giorno: truppe sceltissime, che, avendo combattuto per la propria vita per lunghi anni su quel suolo, conoscevano a menadito ogni anfratto di Creta.
Apprendemmo da loro che i Turchi non erano l'unico problema di Creta: proprio nell'antica città di Cnosso si era sistemato un folle pagano, che si faceva chiamare Minosse e pretendeva sacrifici. Ciò che più era strano, però, era che i morti non attaccavano la comunità che si era raccolta intorno a lui: questa è virtù degli inviati di Satana, proprio come quello che gli Ospitalieri avevano trovato a Malta, e che faceva addirittura collaborare uomini e morti sottoposti al suo volere. Un avversario duro, da affrontare – a quanto si diceva fra le truppe – con grandissima cautela e solo dopo essersi assicurati che Fratello Giocondo fosse impegnato altrove.
Con i tedeschi, prendemmo l'accordo di rivederci il giorno successivo: noi avremmo fornito loro un medico e medicine, loro un sostegno bellico per la ripresa di Creta. Ci sarebbero stati utili, così come noi lo saremmo stati a loro e, ciò che più conta, forse saremmo riusciti a farli ravvedere dal loro errore, riportandoli fra le fila della Santa Romana Chiesa.

domenica 21 ottobre 2012

Il convento della Rasata


Avevamo appena liberato Malta e i miei molti me capirono che l’isola doveva essere risollevata.
A quel punto un concilio interno si scatenò in me.
L’idea di cosa fare fu dell’inqusitore Angelo Demort che propose un convento di clausura dove sarebbero stati rieducati con la tortura e il rigore tutti gli abitanti della nuova Malta. A tutti noi piacque l’idea del convento e in alcuni casi della tortura, ma per il resto decidemmo di far tacere Angelo anche perché i suoi deliri educativi erano troppo rigidi e dall’isola sarebbero tutti fuggiti oppure pregato che ritornassero i morti.
Jean Paul Bonton ebbe la grande intuizione, non capimmo mai se era mosso da altruismo o i sui motivi erano altri, ma fummo estasiati da cosa disse. Il convento doveva essere riempito con tutte quelle facciale di età compresa tra i 20 e 35 anni che nel Santum Imperium avevano certi problemi con l’inquisizione oppure facevano certi “lavori”che la Chiesa non approvava. In pratica avremmo risolto il problema in patria e rallegrato un po’ l’isola. Bonton diede inoltre dei precisi canoni estetici per la scelta delle pecorelle smarrite. Alcuni di noi capirono subito altri ci arrivarono solo dopo…
Anton Sparlovic a questo punto ci disse che tale ordine avrebbe dovuto avere qualcosa di sacro e di regale, di puro e di devoto quale poteva essere il miglior esempio se non i guerrieri Ospitalieri, nati lontano dal dalla Chiesa di Roma. Ci narrò le loro gesta e il loro mistero, ma poi ci colpì una caratteristica fisica che erano uomini barbuti con il cranio rasato.
Salì quindi in cattedra Otto Von Rokken ed ebbe l’illuminazione, rasare il cranio a delle donne era un delitto, quindi propose la rasatura di un’altra zona del corpo e con il materiale ottenuto si sarebbe avuto un prodotto che avrebbe tirato più di una mandria di buoi.
La riunione finì con un URRA e applausi!
Nel primo mese di organizzazione delle attività a Malta indicai a Ruggero che volevo riparare un convento isolato per farlo luogo di preghiera. Lui non fece domande e mi diede gli uomini per il lavoro. Tornato poi nel Santum Imperium inizia le selezioni e portai le “novizie sorelle” alla loro nuova casa.

La lancia di Longino


Audaces Dominus iuvat!

Eliminato l'ostacolo del cecchino, Fratello Ruggero ordinò di mettere a mare alcune scialuppe per sbarcare sull'isola, alla testa di un manipolo di uomini poco pii (come purtroppo era sempre più evidente) ma valorosi soldati. Io stesso volli farne parte, insieme al mio prezioso Antonio Maria Accobelli, per proteggere con la mia fede quegli scellerati.
La fortezza sembrava abbandonata: solo un autoblindo tedesco sembrava testimoniare una presenza successiva ai tempi felici degli Ospitalieri – di quelli animati da vera fede, intendo. Prima che potessimo ispezionarla, però, il cecchino che ci aveva così nefandamente accolti ci attaccò nuovamente: questa volta, però, da morto. Benché orribilmente sfigurato dall'esplosione, si trascinava con sorprendente velocità verso di noi, bramando le nostre carni in quel modo cieco e bestiale che hanno i trapassati. Prontamente, gli lanciai contro una pietra, simbolo infame di lapidazione, che lo colpì in pieno petto (per rimbalzare poi sul capo di uno dei nostri Ospitalieri, probabilmente in parziale remissione di un suo probabilissimo peccato). Il mio colpo, così come quello del fucile a canne mozze di Antonio Maria e quelli di quattro o cinque mitragliatrici pesanti, ridusse il cadavere ad essere inoffensivo.

Visitammo la fortezza: evidentemente era stata sede dell'esercito tedesco durante la Guerra mondiale, ma era abbandonata da tempo. Tuttavia, l'essenziale era ancora funzionante e in breve ci potemmo adattare a renderla un solido campo base: rimettemmo a posto la Chiesa in mezz'ora di lavoro; organizzammo cucine e dormitori; trovammo, su una torre, una radio ancora funzionante con la quale (grazie all'energia di un piccolo generatore portatile) contattammo Malta; fratello Ruggero fece anche piazzare in luoghi strategici alcuni cannoni presi dalle galee e fece chiudere il porto con una forte catena, lì lasciata all'uopo, capace di sbarrare l'ingresso a qualsiasi nave di legno.
Celebrammo una messa solenne che, grazie anche agli accorti suggerimenti di Accobelli, abile nel capire gli animi della truppa, ebbe un grande successo. Accobelli, del resto, era veramente ispirato: nella notte, volle fare una sorpresa a tutti, incaricando in gran segreto due militi di apportare alcune modifiche all'autoblindo.
La mattina dopo, il sole si levava su una splendida metafora degli Ospitalieri: un autoblindo adorno delle sacre insegne! Un crocefisso era dipinto frontalmente, quattro rosari pendevano ai lati, e ovunque si osservavano croci e simboli sacri.
Così devono essere i militi di Cristo, forti nel corpo e nel cuore, e insieme pervasi di spirito cristiano! Sapere che le loro corazze nulla possono, se non è il Signore a difenderli! Antonio Maria Accobelli volle battezzare il mezzo “Lancia di Longino”, ed io la benedissi.

mercoledì 17 ottobre 2012

Ricordi di un romano de Roma


Ritorno sull'intrepida Novella dopo aver ripulito la nave dei pirati.
Sul ponte a prua vedo disteso il mio amico Orlando, è messo male, tanto male...
Er Dottore cerca di tamponargli le ferite avvalendose de l'aiuto di altri fratelli, mentre Giocondo sta parlando a vanvera dicendo di essere un certo Generale Patacca, le solite sue stronzate.
Mettiamo Orlando nella sua cabina ed il dottore rimane con lui, temo nun ce siano molte speranze per il mio amico...
Ora c'è da portà na nave in porto, e possibilmente farlo senza che altri ce rimettano er culo! Quindi comando io e pochi cazzi!!!

Il viaggio procede tranquillo, non mancava molto a Malta.
Orlando ha la scorza più dura del previsto, arriva a destinazione ancora vivo.

Er Dottò ha fatto bene il suo mestiere, Orlando è fuori pericolo ma le su ferite so' troppo gravi perchè possa riprenderse del tutto. Rimarrà paralizzato, e quindi riportato a Venezia, gliè daranno na' medaja ed un vitalizio ( come se non ne avesse già abbastanza de sordi! ). E' sulla sedia a rotelle ma mi ha assicurato che er cazzo je tira ancora, buon per lui!
Un po' me sento en colpa, fossi stato co' lui invece di lasciarlo cor frocio del dottò e lo squinternato, magari non se sarebbe fatto nulla.

Orlando parte per Venezia, er Dottò lo accompagna. Con lui ce vedremo più avanti.
Intanto oggi m'hanno fatto Priore ar posto de Orlando. Me sà che Giocondo c'è rimasto un po' male che m'hanno dato er comando, Er Patacca che ogni tanto gli esce non è malaccio, "lui" c'ha doti de comando... peccato che sia uno dei suoi amici immaginari!

Il gran capo oggi c'ha convocato a me ed allo squinternato, arriva il nuovo cappellano, vediamo che razza de individuo c'hanno appioppato.
Nun me aspetto un granchè, se l'hanno buttato su un cazzo di scoglio in mezzo a cagnacci da guerra come noi, o ha fatto na qualche stronzata, o se l'ha chiesto lui vuol dire che è nato stronzo di suo!
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La seconda ipotesi è quella giusta! E' tutto stronzo!
A pranzo s'è tirato nà menata sulla crucifissione cor capo, c'ha la stessa testa di Novella... siamo apposto!
In più gira con un tizio che c'ha la faccia di uno che stato ar gabbio quanto me, che non dice un cazzo, e scrive solo sul suo tacqquino , e quando apre bocca e solo per leccà er culo ar prete!
Abbiamo perso un comandante ed il Dottò è in gita, e per rimpiazzarli c'hanno mandato du sorciazzi... come se sulla nave nun ce ne fossero già abbastanza.

martedì 9 ottobre 2012

In the Navy


Contro un grande nemico ci vuole un grande eroe.


Vedo sempre più lontane le coste di Malta e in me la voce di Baracca è sempre più forte.
La sua ira è grande : “Io comandante Baracca, chiamato il Lupo dell’Egeo, sono di diritto il comandante delle tre navi”. Per ora cerco di contenermi e convinco Baracca a prendere il controllo solo per suggerimenti all’amico Ruggiero, nominato dal reggente comandante al Nostro posto.
“Cazzate la bolina e anche la randa! Timone a babordo direzione nord  sud-ovest est. Scattare marinaio : starai cercando lei o forse me??? Uomini, chi remerà di più, potrà trascorrere un mese di preghiera al convento della Rasata!”
Accompagnati dai consigli di Baracca il viaggio è tranquillo il vento e gli uomini sono carichi di forza   e raggiungiamo senza problemi le isole Cicladi nella notte.
L’unico fardello ben più pesante di tutte le ancore del mediterraneo sembrano essere Don Matteo e il suo tirapiedi Antonio Maria.
Un urlo spacca la tranquillità creature mezze donne e mezze pesce assaltano le navi, 2 uomini vengono catturati, grazie a Ruggiero e a Baracca riusciamo a spostarci velocemente da questo mare infestato. Dentro me Otto von Rokken si rammarica Mi sarebben piaciuten infilzare quelle mezze craturen. Anche loro essere donne e io avere grande curiosità. Chissà come sarebben stato posizione spiedino di pescem”.
Raggiungiamo Creta, come ci fa notare Ruggiero fa caldo molto caldo, siamo nei pressi della spiaggia di Suda. Si erge davanti a noi il relitto di una petroliera inglese affondata nella guerra dagli italiani. Ad un tratto un uomo cade in mare colpito da un cecchino capiamo che è appostato nella cabina di guida del relitto. Spariamo ma senza successo, Ruggiero con tutta la sua forza ruota il cannone e fa fuoco. Centra in pieno la cabina ma il cecchino non smette. Capiamo quindi che è un morto solo lui potrebbe resistere al fuoco di tre navi e ad una cannonata
Nel vedere la scena perdo il controllo è Baracca che ora mi comanda. Questa è stata la sua battaglia! Contro un grande nemico ci vuole un grande eroe.
“Uomini fuoco di copertura! Io, comandante Baracca, raggiungerò a nuoto il relitto. Tu mozzo passami una granata incendiaria. La porterò tra i denti e arrampicatomi in prossimità della cabina la lancerò al suo interno. Ruggiero conto sul tuo supporto di copertura” 
Riprendo coscienza solo dopo l’esplosione mentre galleggio sulle acque e vengo recuperato, Baracca è proprio un vero uomo quello che dice fa e così era accaduto. Gli uomini mi esultano come un eroe, la prima battaglia è vinta.
Grazie Baracca!

lunedì 8 ottobre 2012

La baia di Suda


Il viaggio per Creta, con una galeazza e due galee sotto la guida spirituale mia e militare di Fratello Ruggero, fu funestato dall'attacco, in pieno Egeo, di alcune creature, simili a sirene, che divorarono due soldati e fuggirono in mare, senza che ci fosse possibile controbattere. Così il Signore volle avvertirci di quanto siamo precari sul questa terra.
Ci avvicinammo a Creta da sud, presso il porto di Suda, dove ancora si trovano i relitti delle navi inglese affondate dalla X Mas, in un giorno che ancora alcuni degli Ospitalieri, già membri della X Mas, ricordano con orgoglio. Sapevamo, infatti, che il grosso dei nemici, i crudeli pirati Turchi capitanati da un sedicente emulo di Uluch Alì Pascià, che vorrebbe farsi passare per il redivivo antico generale, ma che ha dimostrato di aver raziocinio in più battaglie, avevano preso sede a nord, presso l'isola fortezza di Spinalonga.
Devo riconoscere che in questo frangente Fratello Giocondo dimostrò che, se era carente a fede, non lo era quanto ad audacia. Mentre le nostre navi entravano nella rada, un cecchino, nascosto nel relitto di una petroliera, cominciò a bersagliarci, con grande precisione. Il nostro fuoco di risposta non riusciva a stanarlo, e aveva già ucciso tre dei nostri – prontamente fatti a pezzi dai commilitoni – quando Fratello Giocondo si gettò dalla nave; raggiunse a nuoto la petroliera senza essere notato dal cecchino, distratto dal Signore e un poco anche dal fitto fuoco di copertura; si arrampicò sulla paratia della petroliera, cadendo solo tre volte; gettò una bomba nell'oblò dietro al quale si nascondeva il cecchino.
L'effetto su devastante, e solo perché Iddio vigila su di noi non ebbe effetti nefasti: la petroliera, che ancora conteneva residui del  materiale combustibile, prese fuoco. Parte di essa esplose in gran fragore, e se Fratello Gocondo si era rituffato in acqua e riuscì ad evitare conseguenze, una grossa scheggia quasi colpì la galea dove avevamo la Santa Barbara.

La via dello sbarco a Creta, però, era, almeno in apparenza, libera.

domenica 7 ottobre 2012

un misterioso omicidio...


(Antonio Maria Mariano Accobelli in un momento di contemplazione)

Del resto, il lassismo morale da lui e dai suoi accoliti permesso non mancava di sortire i suoi frutti avvelenati: nello stesso giorno in cui arrivammo, a Malta avvenne un assassinio, dei più crudeli. Un uomo, identificato come Luca Bottice (a detta di tutti irreprensibile) era stato visto vagare come morto, ucciso da una pugnalata, e fortunatamente smembrato dalle guardie prima che potesse nuocere. Non era stato derubato, la pura violenza che germoglia in chi è cieco ai richiami del Signore l'aveva ucciso.
Sebbene già il giorno dopo dovessimo partire per la presa di Creta, ci premurammo di porre qualche domanda: seguiti da Fratello Ruggero e da Fratello Giocondo, io e Antonio Maria ci recammo prima dal priore, poi nella casa del defunto, ma non trovammo alcuno spunto: nessuna ombra si gettava su Bottice. Era un uomo ordinato, colto nonostante la sua professione fosse di semplice operaio-calzolaio, ma nella sua vasta libreria (come accuratamente verificò Accobelli) non c'era traccia di libri all'Indice. L'unico aspetto peculiare era l'ottima vista sul porto che si godeva dalla finestra: i nostri prodi Ospitalieri ipotizzarono addirittura che fosse stato ucciso da qualcuno che voleva utilizzare quella casa. Di certo, comunque, non era stato ucciso in casa, perché la porta fu trovata chiusa e i morti non hanno sufficiente raziocinio per aprire una porta.
Lasciammo l'incarico di sorvegliare la casa e tornammo alla rocca: l'indomani mattina saremmo partiti.

Arrivo a Malta


Io, don Matteo Tommaso del Torchio, scriverò fedelmente i diari dei giorni che mi condurranno da Venezia alla presa di Creta, come cappellano militare degli Ospitalieri, affinché non accada come a San Novella, ucciso dagli infedeli timorosi della giusta e santa missione di cui era alfiere nella caccia all'eresia. In questo modo, se sarà volontà del Signore che io torni a Lui, qualcuno potrà leggere le mie memorie e perseguire i malvagi, qualora io non sia riuscito ad impetrar la loro punizione.

Al mio sbarco a Malta, rabbrividii: quegli infedeli rivestiti dei Sacrissimi Segni della Chiesa credendo di trovarvi rifugio dall'ira del Signore (o forse da quella degli uomini? Si sa che gli infedeli stoltamente temono anch'essa!) avevano ricoperto l'isola, già sacra, dei segni della loro perversione. Già dal porto si vedevano, sul dorso di una collina, croci utilizzate non già per devozione, ma per punire i colpevoli di atti indegni. Assurdo e blasfemo! Essere affissi in croce come Nostro Signore dovrebbe essere un premio per i migliori, non certo un segno d'infamia!
L'assenza di San Novella, mio ispiratore, era stata disastrosa per i costumi dei locali: il mio ruolo di cappellano militare sarebbe stato arduo, e lo compresi subito. Per fortuna che potevo avvalermi del valido appoggio del mio valente notaio, Antonio Maria Accobelli(l'uomo il cui taccuino è più tagliente di un expiator).
Se ancora avessi nutrito dei dubbi, essi furono fugati dall'incontro con il Reggente, che ci venne ad accogliere al nostro sbarco accompagnato da due individui sulla cui irreprensibilità non scommetterei le offerte della Messa delle sei: Fratello Ruggero, una montagna d'uomo, e Fratello Giocondo, uno strano fratello che subito si mise a farneticare di un Convento della Rasata sul quale dovrò indagare (sospetto che celi il meretricio), ed il cui arto più sviluppato sembrava essere quello che non si usa né per pugnare, né per marciare contro il nemico.
Fratello Giocondo, inoltre, mostrava chiari sintomi di possessione demoniaca: lo udimmo parlare con voci e personalità diverse. Sto studiando un esorcismo che potrebbe liberarlo, ma temo che la sua vera personalità non sia migliore di quelle che dimostra durante le possessioni.
Io feci subito presente al Reggente quanto fosse inopportuno utilizzare le croci come forma di punizione, premurandomi anche di suggerire una valida alternativa quale l'impalamento, mentre Antonio Maria Accobelli – sempre accondiscendente – era disposto perfino a concedere la graticola, ma il Reggente non sembrò prendere in giusta considerazione la gravità del fatto. Dovremo tenerlo d'occhio, è quasi ovvio che si tratti di un eretico, nella migliore delle ipotesi, e un adoratore del Demonio nella peggiore: chi altri potrebbe fare un simile uso della santissima Croce?

mercoledì 26 settembre 2012

Ultime news

Cari amici eccomi qua ad annunciarvi le ultime news. Martedì 2 ottobre ripartirà la nostra campagna, quindi probabilmente questo sarà l'ultimo post di news, i prossimi saranno relativi alla campagna. Tra le novità, la più bella è che, se tutto va bene, avremmo un 5° elemento nel gruppo, ma non una persona qualsiasi, bensì uno degli illustratori ufficiali del Sine. Incrociamo le dita e vedremo se la cosa andrà a buon fine.


 Colgo l'occasione per scusarmi se non mi sono fatto più vivo sui vostri blog, ma sto scrivendo la campagna nel mediterraneo, inoltre ho iniziato un progetto GDR con alcuni amici della Gilda del Grifone, una delle associazioni più grandi di Torino. Ho sottoposto le squadre di GDR, che sono molto titolate a livello nazionale (un terzo e settimo posto quest'anno nel campionato gdr), ad una campagna a Project HOPE, se volete dargli un'occhiata eccovi il link, Squadra Grifone, anche lì ci saranno esperienze di scrittura multiple.
Un saluto e un grazie a tutti coloro che continueranno o incominceranno a seguirci...

mercoledì 22 agosto 2012

Coming soon



I NOSTRI EROI STANNO PER TORNARE... PREPARATEVI!!!!

mercoledì 18 aprile 2012

A presto

Allora eccomi qua ad informarvi su questo strano ritardo di "pubblicazione" del nostro gruppo:
a causa di improvvisi, ma noti avvenimenti, la maggioranza dei quali (se non tutti) piacevoli, mi sono visto costretto ad interrompere la campagna ora, prima di incominciare un importante capitolo, riprenderemo un domani, sicuramente dopo l'estate, la data però è da stabilire. Intanto io e Novella stiamo cercando di organizzare qualcosa di alternativo, ma non garantiamo nulla, la mia disponibilità di tempo a causa di un aumento del lavoro, e in un momento come questo non può che essere una bella notizia, si è assai ridotta. Un saluto a tutti, continuerò a seguirvi su internet, a presto...

p.s. per evitare discussioni, vi dico che il gruppo non si è sciolto, semplicemente io sono oberato di impegni, sopratutto lavorativi (e 2 figli uno particolarmente delinquente), il misterioso Joaquin si deve laureare (in bocca al lupo), il nobile Celestino sta per diventare papà (grandissimo, come sempre), il vile Adolf deve sistemare delle questioni nella sua casa di appuntamenti e il valoroso Novella non ha un caXXo da fare!!!!

ciao!!!!

domenica 1 aprile 2012

Adolf return : “Il comandante Baracca”


Ci imbarchiamo alla volta di Malta, il viaggio dovrebbe essere tranquillo, ma ben presto ci accorgiamo che così non è. Una fitta nebbia ci avvolge e scorgiamo sulla costa pugliese una nave turca che attacca un piccolo villaggio.
Orlando inizia a farneticare piani strampalati. La truppa lo inneggia. Io mi discosto, non so come, ma so di avere grandi conoscenze veliche e marinare. Un io che avevo in me inizia a chiamarmi. Per ora lo trattengo. Ad un tratto un’altra nave turca ci affianca e spara. Il nostro buon capitano non ha fatto caricare i cannoni e quindi non possiamo rispondere. Subiamo danni e per poco Orlando e Ruggiero non ci lasciano la pelle.
Io impavido rispondo al fuoco e lancio una granata. Le pallottole mi sfiorano, ma anche loro sono impaurite dal mio coraggio e deviano la loro traiettoria.
I remi sono danneggiati, due fuochi greci ci vengono lanciati contro e a fatica riusciamo a spegnere le fiamme. Le navi turche fuggono a noi non resta che riparare la nave e lanciarci all’inseguimento.
Nella notte siamo in mare aperto ed è ormai l’alba quando incontriamo nuovamente le navi.
Le scelte di Orlando ci riportano nuovamente in difficoltà. Ci troviamo accerchiati. Fortunatamente la nostra galeazza è nettamente superiore. Veniamo speronati da due navi. I turchi salgono sul nostro ponte, Orlando cerca di mandare uomini a destra e sinistra portandoli con lui al massacro. Ruggero espugna con un piccolo manipolo una delle due navi. Dall’altra continuano ad arrivare guerrieri. Io sono accerchiato da turchi e con azioni impavide reggo il confronto. Vedo Orlando a terra quasi morto. Mi lancio contro i sui avventori. In quel momento il mio io che tanto avevo nascosto prende il sopravvento, fortunatamente è il Comandante Baracca! Il suo soprannome è il fulmine dell’Egeo per le gesta eroiche tra i mari greci. Noto una falla nella nostra nave, comando agli uomini di andarla a chiudere per salvare noi tutti. Resto solo con la mia mazza.
Il comandante Baracca non conosce la paura, è la paura che ha paura di lui.
Falcio gli eretici e porto in salvo Orlando. Raffaello fa affondare una nave turca e viene a curare Orlando. Io il comandante Baracca dirigo in maniera egregia la truppa permettendo ad Orlando di rialzarsi.
Orlando inizia quindi a falciare i nemici. Sembra totalmente ripreso. Non riesco a capire come uno morente si rialzi con tanta energia. Spero che non fingesse. Il suo posto di comando ora però non è più sicuro… è arrivato il Comandante Baracca.

sabato 31 marzo 2012

Sfida tra i mari


Il Mare Nostrum, il Mediterraneo che fin dai tempi di Roma è dato per decreto divino in dominio alla nostra italica patria, è oggi solcato da navi che non solo non riconoscono la nostra sovranità sulle acque, ma addirittura osano sfidare la nostra supremazia, attaccare le nostre coste, infastidire le nostre navigazioni!
Questi infingardi sono vili pirati battenti bandiera turca, su navi il cui equipaggio è un obbrobrioso misto di vivi e di morti. Da oggi, però, anch'essi conoscono la paura e devono inchinarsi alle leggi del Giusto e del Forte: hanno capito che l'Italia è tornata sui mari, e che la breve epoca di licenza e di ferocia già volge al termine.

Conclusi i bagordi veneziani, trovati capri espiatori per le scappatelle dei Fratelli Camerati Ruggiero e Raffaello, ridotta al minimo la pena di Giocondo dopo la dipartita del compianto Novella, ci siamo imbarcati sull'Intrepida Novella (così nomata al seguito della nostra guida spirituale, che è meglio avere nel cuore che al seguito) alla vota di Malta, e presto abbiamo avuto occasione di mettere in fuga disordinata le navi degli ignobili pirati.
Stavamo navigando nella nebbia di marzo al largo della Puglia, quando abbiamo percepito un odore di bruciato: sulla costa, diverse case ardevano, mentre una nave era alla fonda. I Turchi stavano rapendo donne e bambini italiani, per appagare chissà quali sordidi desideri! Atti che sarebbero degni di biasimo persino se perpetrati contro gli Inglesi, figuriamoci ai danni dei nostri compatrioti!

Pur consapevole dei rischi dell'impresa, non volli armare i cannoni, per non mettere a repentaglio la vita dei giovani italici virgulti, futuro della Patria, né i fecondi ventri delle patrie donne, sicché ordinai l'abbordaggio alla nave turca.
La nostra valentia gettò subito nel panico i nostri vili avversari, che non trovarono di meglio che darsi alla fuga, sebbene le loro navi fossero ben tre (come scoprimmo d'improvviso). Una veloce galea ci passò di fianco, distruggendo i remi sul fianco destro, mentre una seconda ci colpiva con due otri di fuoco greco e la terza caricava gli schiavi e si dava alla fuga, presto imitata dalle altre due.
Ma prima che potessero fuggire, Giocondo colpì una nave con una bomba a mano. Riconoscendo il più forte, i turchi scelsero la fuga.
Purtroppo, come spesso succede, i vili hanno ali ai piedi, e per i coraggiosi inseguirli è impossibile. Così (anche considerato che avevamo metà dei remi fuori uso e parte della nave in fiamme) decidemmo di verificare le condizioni del villaggio (e di riparare la nostra nave): tanto, nessun vile può fuggire per sempre.

Infatti, li ritrovammo ancora prima di arrivare a Malta. Forse punti da vergogna per la loro codardia, ci seguirono, senza tuttavia osare avvicinarci. All'imbrunire, infatti, vedemmo una nave turca che ci seguiva, ma il primo incontro era servito a valutare le forze del nemico: le altre due galee non potevano essere lontane (quale vile si allontana dai compagni?). Fratello Raffaello aveva inoltre riconosciuto il capitano dei nostri avversari: era un essere delle peggior specie. Era un morto, tanto per cominciare, poi era un turco, e infine era un traditore! Si chiamava ….., era un calabrese ma si era venduto agli Ottomani, per i quali aveva combattuto come capitano alla battaglia di Lepanto. Bene, noi italiani l'avremmo nuovamente suonato!
Con il favore delle tenebre, dopo aver spento tutte le luci, effettuammo una manovra diversiva per trovarci alle spalle della galea che ci seguiva, e riuscimmo. Ma era presto per gioire: con una improvvisa illuminazione, mi accorsi che le altre due navi erano alle nostre spalle. Non era tempo di temporeggiare: confidando sulla superiorità conferita dall'italica ingegneria navale e dal valore dei nostri militi, ordinai di affiancare il nemico e di cannoneggiarlo.

Disgraziatamente, la precisione di tiro dei Fratelli camerati non è pari al loro valore, e riuscimmo appena a danneggiare la galea nemica, che invece riuscì benissimo a speronarci, bloccandoci (anche se la nostra corazzatura resse molto meglio della loro): subito, i turchi si diedero all'abbordaggio.
I Romani, nella loro imperiosa espansione, dimostrarono una invincibile forza in terra, ma a volte si trovarono in difficoltà sui mari. Così capita anche agli Italiani, moderni Romani, e infatti i turchi della prima galea ci abbordavano con successo a dritta, mentre a manca fummo speronati anche da una seconda galea, ma questa volta non ci lasciammo cogliere di sorpresa. Ci aspettavamo infatti la manovra di speronamento, e decidemmo di scaricare una funesta salva di cannonate sul vascello che sopraggiungeva.

Disgraziatamente, nemmeno la perizia nell'uso delle polveri dei Fratelli camerati è pari al loro valore, sicché l'esplosione non travolse gli infedeli, ma si fermò nel ventre della nostra nave, portando comunque danni limitati alla nostra struttura. Anche la seconda galea pirata, comunque, era ora agganciata alla nostra.

Ed ecco, i pirati erano in trappola!
Avevano commesso un errore nello speronarci, ora le loro navi erano incastrate alla nostra, e non potevano più fuggire, come uso fra i vili. Fratello Ruggiero si lanciò sulla nuova nave alla testa di un pugno di soldati, e compì prodigi di valore tenendo testa al numeroso equipaggio, mentre i morti incatenati ai remi gemevano in modo orribile.
Sull'altro fianco, eravamo io, Giocondo e Raffaello ad opporci, con i nostri uomini all'incalzante marea turca che si riversava sull'Intrepida Novella.

Disgraziatamente, neppure l'abilità nel combattimento all'arma bianca dei Fratelli camerati è pari al loro valore, e in breve la situazione su questo fianco diventò critica. Giocondo riusciva con fatica, e riportando gravi ferite, a tenere la posizione, mentre Raffaello si lanciava intrepido sulla galea nemica, guadagnando il timone per allontanarla dall'Intrepida Novella: tali erano i danni causati nello scontro che, se ce l'avesse fatta, il vascello turco sarebbe certamente affondato.

Disgraziatamente, nemmanco l'abilità al timone dei Fratelli camerati è pari al loro valore, e Raffaello, nel tentativo di disingaggiare il galeone nemico dalla nostra galeazza, ci provocò danni ingenti e una falla dalla quale l'acqua entrava abbondante.

Ed io ancora resisto, resisto di fronte alla marea dei turchi che incalzano da ogni parte, ma sento il sangue scorrere, infradiciare i panni sotto la corazza, e frammisto a quello dei nemici c'è il mio. Sono sempre più debole...

Infine, per le troppe ferite riportate mentre, da intrepido comandante, pugnava alla testa della sua truppa, Orlando perse i sensi.
Dicono che fu trascinato fuori dalla zona degli scontri, dicono che fratello Raffaello gli prestò i primi soccorsi, gli dicono che a quel punto si rialzò, con la forza di una furia, che iniziò a lottare con un valore e con una forza mai vista, incitando i militi e menando strage dei nemici al punto da riguadagnare in breve tempo i terreno perduto e da ricacciare in mare i turchi che avevano abbordato l'Intrepida Novella, mentre Ruggiero liberava donne e bambini prigionieri sull'altra nave, vi dava fuoco rovesciando le loro riserve di fuoco greco e tornava sulla galeazza.
Dicono che una delle due galee dovette ritirarsi malconcia, mentre l'altra era affondata. Dicono che fu una vittoria, dicono che Orlando si accasciò non appena il pericolo fu passato, e fu acclamato come un eroe dalla truppa.
Ma nulla di tutto questo giunse alla sua mente, infinitamente lontana...


domenica 25 marzo 2012

Chi di rogo punisce nelle ceneri perisce (ovvero il ritorno di Adolf)


Finalmente una festa e un po’ di donne. Abbiamo lasciato Malta e ora a Venezia tutti ci acclamano come eroi. Ad un tratto una donna bellissima si avvicina a me… non so chi sia, ma sento di conoscerla. Il cuore mi batte forte, le mani mi sudano e la voglio.
Lei mi afferra e mi porta a ballare. Ad un tratto noto sul suo collo una grossa cicatrice quella ferita apre uno squarcio ben più grande nella mia memoria. Lei a quel punto mi sussurra un nome ADOLF, il mio.
La memoria mi torna di colpo, la donna che ho tra le braccia non è calda ma fredda come il ghiaccio. Lei è la strega che ho amato, con cui ho giaciuto e a cui ho tolto la vita. La testa mi scoppia, Giocondo non è mai esistito, le mie personalità multiple prendono il sopravvento e non mi controllo. Inizio a colpire la gente a casaccio e a scatenare una rissa. Per fortuna Orlando mi ferma.
Stordito mi sveglio in cella l’ultimo volto che ricordo è quello di Novella. E’ talmente malato e malridotto che neanche mi riconosce, ma come suo solito mi accusa, borbotta un po’ di dottrina e chiede che sia imprigionato.
Chiedo di parlare con lui, ma poco dopo capisco che è un errore. Quando gli dico chi sono anche se sotto giuramento di confessione mi rinfaccia il mio comportamento in Francia, l’abbandono e il tradimento di cui mi sono macchiato. La sua è ira nei miei confronti, penso mi ritenga responsabile anche della sua pessima condizione di salute e cecità. Dice di assolvermi ma in realtà mi condanna al rogo. Stupido ottuso come sempre per lui perdonare fa rima con bruciare e l’unico perdono rappresenta il rogo.
Passo la mia ultima notte a ricordare il mio passato anche se so che alla mattina arriverà la mia fine. Quando tutto sembra finito Orlando arriva gioioso a comunicarmi che Novella è morto nella mattina, la mia punizione si trasforma in venti frustate che sono ben poca cosa sul mio corpo anche se rispetto al passato mi sento molto più debole.
Riesco ad assistere al funerale di Novella, ora l’ottuso predicatore è solo un'urna piena di ceneri che vengono sparse in mare. Io, Adolf Stettermayer, come la fenice dalle ceneri risorgo.  
Mentre assisto al funerale  mi ritorna alla mente Carlitos il mio maestro. Siamo stati catturati dai nazisti e mentre io ed i nostri compagni siamo stati deportati, lui e il suo fido compare sono scappati, ma non so dove. Anche se tutto ora sembra impossibile devo ritrovarlo forse è in pericolo, nel buio che ci avvolge ora c’è una piccola luce. Seguirò le parole del mio maestro che  mi insegnò come è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire...

sabato 24 marzo 2012

L'Intrepida Novella


Un pò di storia per informarvi sulle origini della vostra nave ammiraglia: L'Intrepida Novella:
 La galeazza è un tipo di galea da guerra, costruita a Venezia a partire dal XV secolo e usata principalmente nel Mar Mediterraneo a partire dal XVI secolo. Si differenziava dalla comune galea sottile per le maggiori dimensioni, il gran numero di artiglierie e la possibilità - esclusiva tra le galee - di effettuare il tiro laterale.
Questi navi, utilizzate per la prima volta dai Veneziani di Sebastiano Venier nella battaglia di Lepanto, rappresentarono il passaggio tra la galea e il galeone.

Caratteristiche e sviluppo 

La galeazza era usualmente dotata di 3 alberi a vele  quadre (le più grandi avevano 4 alberi), castello di prua, castello di poppa (questo modello era già stato sviluppato nella caracca e successivamente nel galeone del Mediterraneo) e due ponti. Poteva portare dai 32 ai 46 banchi di rematori (remi a scalaccio) e montare 36 grossi cannoni, più altri di minor dimensione.
La galeazza era sviluppata sulla base di larghe galee mercantili dette galee grosse, da tempo non più convenienti in seguito alla riduzione dei traffici mediterranei. Poiché venivano convertite per l'uso militare dovevano essere tendenzialmente alte e larghe (anziché leggere); montavano un elevato numero di cannoni, che venivano posizionati per la maggior parte lungo i lati sparsi qua e là tra i remi e nel castello di prua.
Il modello della galeazza venne sviluppato dalla Repubblica di Venezia che riuscì quindi ad ottenere navi che potevano competere con le galee ordinarie.
Ne vennero costruite relativamente poche, ma ebbero comunque molta importanza, in particolare nella battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571), durante la quale l'essere alte di bordo e la potenza di fuoco delle sei galeazze veneziane presenti (al comando del provveditore Francesco Duodo), impiegate per la prima volta, furono determinanti nel portare alla vittoria la flotta cristiana. Le galeazze furono apprezzate anche dal grande ammiraglio veneziano Francesco Morosini, tanto che una di queste imbarcazioni fu da lui scelta come ammiraglia della flotta. Quattro galeazze, atte a tenere il mare, accompagnarono anche l'Invincibile Armata nel 1588 (ad es. La Girona).
Le acque poco profonde, le coste frastagliate, il clima mite e i venti debolmente variabili del Mediterraneo permisero alle galee e alle galeazze di sopravvivere fino agli inizi del XVIII secolo.

Tratto da Wikipedia

L'estremo saluto


I miei affari mi hanno infine riportato nel Sanctum Imperium, qui devo sistemare alcune questioni in sospeso con un mio ex amico...
Appena varcati i confini dell'Iperium sono stato colto da una visione, ho visto la fine del povero Novella. Il poveretto è morto sputando sangue ma senza mai rinnegare la sua fede, in questo periodo che mi ha visto allontanarmi dai canoni della fede di Roma ho sentito molti uomini imprecare il loro dio prima che ponessi fine alle loro misere esistenze, ma lui no... il buon Novella nella sua ottusità aveva l'animo puro come quello di un animale.
Mi sono quindi diretto a Venezia, mi sembrava doveroso presenziare alle esequie del prete, infondo abbiamo combattuto insieme e rendere onore ad un combattente lo trovo doveroso, in fondo sono sempre un templare!
La carica di cappellano degli Ospitalieri lo doveva aver reso un personaggio in vista, alla funzione presenziava una folla di persone degna di un aristocratico! Tra tutta quella gente scorsi anche facce conosciute, il mio sguardo incrociò quello di Joaquin, ci salutammo con un gesto del capo. Tra di non vi è animosità, abbiamo solo scelto strade diverse che non è detto si incroceranno ancora. Gli auguro buona fortuna nella sua ricerca.
Ho visto quel buffone di Adolf vestito da Ospitaliere, lui non si è accorto di me, ma quella sottospece di escrescenza di Jaques non si accorgerebbe neanche di un tigre che gli passa sui piedi!
Questo nuovo corpo militare comunque ha destato il mio interesse, ho individuato alcuni soggetti con doti interessanti. Ho fatto molto bene a deviare il mio cammino fin qui a Venezia, ho avuto modo di notare molte cose interessanti tra le quali la quantità di morti che camminano tranquillamente alla luce del sole e quali importanti cariche essi ricoprano!
Riposa in pace Novella, spero che ora tu sia in un posto dove ti è più chiaro a quante menzogne la tua vita è stata sottoposta.

Ora devo andare, so che mi stanno aspettando... anzi, mi sta aspettando!