domenica 28 ottobre 2012

Le accattivanti donne di Creta


Il Signore è un giudice a volte lento, ma inflessibile: presto o tardi, la mercede per atti e pensieri peccaminosi colpisce i rei. Più inflessibile che con gli infedeli, è con gli ipocriti, sepolcri imbiancati che celano sotto la Croce un cuore impuro. Eppure, allo stesso tempo Egli è amore, e concede a chi si fida di Lui l'opportunità del riscatto.
Quando ero giunto a Malta, subito avevo dubitato della fede di molti degli Ospitalieri, e lo stesso Convento della Rasata destava sospetti: puntualmente, il Signore ha usato le stesse inclinazioni al peccato per perdere chi a loro era soggiaciuto.
La mattina dopo l'incontro con i Germani, Fratello Ruggero si mosse per incontrare i nuovi alleati con alcuni medici e pochi fidati, fra i quali spiccava Fratello Giocondo (più che fidato, non sarebbe stato fidato lasciarlo al forte); andammo anche io e Antonio Maria Accobelli, nella speranza di riportare all'ovile le pecorelle smarrite teutoniche.
Il viaggio proseguì senza problemi particolari: incontrammo il Colonnello ed alcuni soldati nello stesso luogo dove li avevamo trovati il giorno precedente ed essi ci guidarono nel loro baluardo segreto, un villaggio ben nascosto e ben fortificato. Nonostante temessero imboscate da parte di cani morti tricipiti (orrori creati dal fantomatico Minosse) o dai sagittiferi sudditi del pagano, arrivammo senza problemi.
Nel corso della serata, mentre i medici curavano alcuni dei soldati, guadagnammo la fiducia dei tedeschi; Accobelli, oltre alla fiducia, guadagnò anche un'eccellente arma, un Sturmgewehr 44 di fattura tedesca, che decorato di emblemi sacri avrebbe di sicuro contribuito alla diffusione della Fede.
La mattina dopo, ripartimmo alla volta del forte, accompagnati da una ventina di Germani.

Giunti al punto di osservazione, notammo una funesta spira di fumo levarsi dal forte. Corremmo: la porta era stata divelta, orme mostruose si trovavano nel cortile. Nessuno dei nostri sembrava essere rimasto, benché pochi fossero di resti di morti. Tra questi, spiccava il Priore lasciato da Ruggero al comando del forte: era stato crocefisso.
Del resto, anche degli invasori non c'era traccia. Ci mettemmo alla ricerca di eventuali sopravvissuti, e finalmente ne trovammo uno, nell'antica cripta dove era stato sepolto il Peloponnesiaco Morosini. Egli era ferito, condannato alla morte, ma riuscì a raccontarci l'agghiacciante storia della caduta del forte: donne avvenenti, figura del peccato e del Demonio, si erano presentate alle porte, implorando di essere lasciate entrare. Invece di cacciarle con vilipendio, o almeno di rinchiuderle in una sala, i militi cedettero ai desideri dei sensi e si diedero al buon tempo con esse. Mal gliene incolse! Le meretrici versarono veleno o sonnifero nelle bevande, poi aprirono le porte dall'interno ai loro alleati, ed anche ad un essere mostruoso, composto di molti morti quasi fusi assieme, che seminò la devastazione nel forte. Non era il solo abominio: c'erano i temuti cani a due teste, morti, ed altri esseri mascherati che non cadevano nonostante gli spari, quelli che i Germani chiamavano gli Immortali: probabilmente, morti controllati dal Demonio Minosse. Quasi tutti gli Ospitalieri, però, non erano stati uccisi, ma imprigionati e portati via.
In tutta questa devastazione, il Signore volle mandare un segno, un incitamento a non desistere, a credere in Lui. In punto di morte, dilaniato dal dolore, il milite si dichiarò pentito di aver soggiaciuto ai suoi istinti peccaminosi: se c'è lo spiraglio del pentimento, tutto è possibile. Lo assolsi.
Poi impugnai un ancora più tangibile segno del volere divino: lo Stocco Papale, sacra arma che si trovava incistata nelle mani dell'antico Doge e difensore della cristianità, e che ora per decreto del Signore passava nelle mie mani, per una nuova lotta Santa. Egli ci indicava la via: non bastava la Fede, non bastava la forza, ma forza e Fede dovevano unirsi nella riscossa! Levai alta la mia arma: con essa, e con l'ausilio di mitragliatrici, bombe, cannoni, shotgun e autoblindo avremmo liberato l'isola! Così mi diceva il cuore!
Innanzi tutto, eravamo in dovere di liberare i Fratelli prigionieri: forse anche nei loro cuori era germogliato il pentimento, e ora avrebbero lottato con Fede. Allo stesso tempo, dovevamo mantenere il presidio del forte, in vista dell'arrivo dei rinforzi da Malta, ed anche per non perdere le navi, che non erano state toccate. Ci dividemmo, e fu una fortuna che i Germani volessero mantenere l'impegno assunto con noi anche ora che avevamo poco da dare con loro.
Anzi, tutti, Ospitalieri ed eretici, chiesero di partecipare alla missione più pericolosa, la liberazione dei confratelli: la scelta non fu facile. Alla fine, Fratello Ruggero e il Colonello scelsero una piccola truppa di una decina di valorosi: fra costoro, io con il mio stocco, Antonio Maria Accobelli con il suo mitra, Fratello Giocondo con le sue bombe e le molotov che preparò all'uopo.
Partimmo a marce forzate, confidando che una truppa di centinaia di uomini, con almeno cento prigionieri e un mostro al seguito, non potesse che marciare lentamente. Li raggiungemmo a notte, mentre erano accampati.
Ricordate quando ho scritto che il Signore concede a chi si fida di lui l'opportunità del riscatto? Non è detto che costoro si salveranno, ma non moriranno in catene: nella peggiore delle ipotesi, lottando contro i pagani per la Cristianità, mentre cercheremo di liberarli.
Non c'è modo migliore per accedere al Paradiso.

martedì 23 ottobre 2012

Sia fatta la tua lode...


Rinfrancato lo spirito dei soldati con la predica, la benedizione, i sacri decori e le messe (inspiegabilmente Fratello Ruggero impedì di cantare la nostra letizia e lode ad Iddio suonando le campane), era tempo di uscire per una ricognizione, anche perché un riflesso ci aveva rivelato di essere osservati. Ma io ero fiducioso: se ci osservavano, dovevano essere senzienti; se erano esseri senzienti, dovevano essere vivi; se erano vivi, avrebbero potuto essere tedeschi, dunque cristiani e potenziale aiuto contro i turchi. Dovevamo però accertarci che non fossero infedeli.
Ruggero, Giocondo, io e Accobelli (per portare la Parola del Signore) ci avviammo con sei soldati verso il luogo dove avevamo visto balenare il riflesso.
Ai nostri strateghi militari non venne in mente che chi ci aveva osservato potesse presidiare la zona, e pochi minuti dopo essere arrivati avevamo una decina di fucili puntati contro ed un uomo anziano, con una divisa tedesca da colonnello, che avanzava verso di noi. Il Signore, però, aiuta chi combatte per la Sua gloria: le intenzioni dei tedeschi non erano ostili.
Certo, erano eretici protestanti, tanto è vero che non mostrarono il dovuto rispetto per la mia autorità, preferendo conversare con l'autorità militare, nella persona di Fratello Ruggero. Costoro sembravano all'oscuro di cosa fosse accaduto negli ultimi anni fuori da Creta, e bisogna ammettere che Ruggero fu abile a guadagnarsi la loro fiducia e la loro alleanza. Si trattava, infatti, dei paracadutisti tedeschi qui venuti a conquistare l'isola prima del Gran Giorno: truppe sceltissime, che, avendo combattuto per la propria vita per lunghi anni su quel suolo, conoscevano a menadito ogni anfratto di Creta.
Apprendemmo da loro che i Turchi non erano l'unico problema di Creta: proprio nell'antica città di Cnosso si era sistemato un folle pagano, che si faceva chiamare Minosse e pretendeva sacrifici. Ciò che più era strano, però, era che i morti non attaccavano la comunità che si era raccolta intorno a lui: questa è virtù degli inviati di Satana, proprio come quello che gli Ospitalieri avevano trovato a Malta, e che faceva addirittura collaborare uomini e morti sottoposti al suo volere. Un avversario duro, da affrontare – a quanto si diceva fra le truppe – con grandissima cautela e solo dopo essersi assicurati che Fratello Giocondo fosse impegnato altrove.
Con i tedeschi, prendemmo l'accordo di rivederci il giorno successivo: noi avremmo fornito loro un medico e medicine, loro un sostegno bellico per la ripresa di Creta. Ci sarebbero stati utili, così come noi lo saremmo stati a loro e, ciò che più conta, forse saremmo riusciti a farli ravvedere dal loro errore, riportandoli fra le fila della Santa Romana Chiesa.

domenica 21 ottobre 2012

Il convento della Rasata


Avevamo appena liberato Malta e i miei molti me capirono che l’isola doveva essere risollevata.
A quel punto un concilio interno si scatenò in me.
L’idea di cosa fare fu dell’inqusitore Angelo Demort che propose un convento di clausura dove sarebbero stati rieducati con la tortura e il rigore tutti gli abitanti della nuova Malta. A tutti noi piacque l’idea del convento e in alcuni casi della tortura, ma per il resto decidemmo di far tacere Angelo anche perché i suoi deliri educativi erano troppo rigidi e dall’isola sarebbero tutti fuggiti oppure pregato che ritornassero i morti.
Jean Paul Bonton ebbe la grande intuizione, non capimmo mai se era mosso da altruismo o i sui motivi erano altri, ma fummo estasiati da cosa disse. Il convento doveva essere riempito con tutte quelle facciale di età compresa tra i 20 e 35 anni che nel Santum Imperium avevano certi problemi con l’inquisizione oppure facevano certi “lavori”che la Chiesa non approvava. In pratica avremmo risolto il problema in patria e rallegrato un po’ l’isola. Bonton diede inoltre dei precisi canoni estetici per la scelta delle pecorelle smarrite. Alcuni di noi capirono subito altri ci arrivarono solo dopo…
Anton Sparlovic a questo punto ci disse che tale ordine avrebbe dovuto avere qualcosa di sacro e di regale, di puro e di devoto quale poteva essere il miglior esempio se non i guerrieri Ospitalieri, nati lontano dal dalla Chiesa di Roma. Ci narrò le loro gesta e il loro mistero, ma poi ci colpì una caratteristica fisica che erano uomini barbuti con il cranio rasato.
Salì quindi in cattedra Otto Von Rokken ed ebbe l’illuminazione, rasare il cranio a delle donne era un delitto, quindi propose la rasatura di un’altra zona del corpo e con il materiale ottenuto si sarebbe avuto un prodotto che avrebbe tirato più di una mandria di buoi.
La riunione finì con un URRA e applausi!
Nel primo mese di organizzazione delle attività a Malta indicai a Ruggero che volevo riparare un convento isolato per farlo luogo di preghiera. Lui non fece domande e mi diede gli uomini per il lavoro. Tornato poi nel Santum Imperium inizia le selezioni e portai le “novizie sorelle” alla loro nuova casa.

La lancia di Longino


Audaces Dominus iuvat!

Eliminato l'ostacolo del cecchino, Fratello Ruggero ordinò di mettere a mare alcune scialuppe per sbarcare sull'isola, alla testa di un manipolo di uomini poco pii (come purtroppo era sempre più evidente) ma valorosi soldati. Io stesso volli farne parte, insieme al mio prezioso Antonio Maria Accobelli, per proteggere con la mia fede quegli scellerati.
La fortezza sembrava abbandonata: solo un autoblindo tedesco sembrava testimoniare una presenza successiva ai tempi felici degli Ospitalieri – di quelli animati da vera fede, intendo. Prima che potessimo ispezionarla, però, il cecchino che ci aveva così nefandamente accolti ci attaccò nuovamente: questa volta, però, da morto. Benché orribilmente sfigurato dall'esplosione, si trascinava con sorprendente velocità verso di noi, bramando le nostre carni in quel modo cieco e bestiale che hanno i trapassati. Prontamente, gli lanciai contro una pietra, simbolo infame di lapidazione, che lo colpì in pieno petto (per rimbalzare poi sul capo di uno dei nostri Ospitalieri, probabilmente in parziale remissione di un suo probabilissimo peccato). Il mio colpo, così come quello del fucile a canne mozze di Antonio Maria e quelli di quattro o cinque mitragliatrici pesanti, ridusse il cadavere ad essere inoffensivo.

Visitammo la fortezza: evidentemente era stata sede dell'esercito tedesco durante la Guerra mondiale, ma era abbandonata da tempo. Tuttavia, l'essenziale era ancora funzionante e in breve ci potemmo adattare a renderla un solido campo base: rimettemmo a posto la Chiesa in mezz'ora di lavoro; organizzammo cucine e dormitori; trovammo, su una torre, una radio ancora funzionante con la quale (grazie all'energia di un piccolo generatore portatile) contattammo Malta; fratello Ruggero fece anche piazzare in luoghi strategici alcuni cannoni presi dalle galee e fece chiudere il porto con una forte catena, lì lasciata all'uopo, capace di sbarrare l'ingresso a qualsiasi nave di legno.
Celebrammo una messa solenne che, grazie anche agli accorti suggerimenti di Accobelli, abile nel capire gli animi della truppa, ebbe un grande successo. Accobelli, del resto, era veramente ispirato: nella notte, volle fare una sorpresa a tutti, incaricando in gran segreto due militi di apportare alcune modifiche all'autoblindo.
La mattina dopo, il sole si levava su una splendida metafora degli Ospitalieri: un autoblindo adorno delle sacre insegne! Un crocefisso era dipinto frontalmente, quattro rosari pendevano ai lati, e ovunque si osservavano croci e simboli sacri.
Così devono essere i militi di Cristo, forti nel corpo e nel cuore, e insieme pervasi di spirito cristiano! Sapere che le loro corazze nulla possono, se non è il Signore a difenderli! Antonio Maria Accobelli volle battezzare il mezzo “Lancia di Longino”, ed io la benedissi.

mercoledì 17 ottobre 2012

Ricordi di un romano de Roma


Ritorno sull'intrepida Novella dopo aver ripulito la nave dei pirati.
Sul ponte a prua vedo disteso il mio amico Orlando, è messo male, tanto male...
Er Dottore cerca di tamponargli le ferite avvalendose de l'aiuto di altri fratelli, mentre Giocondo sta parlando a vanvera dicendo di essere un certo Generale Patacca, le solite sue stronzate.
Mettiamo Orlando nella sua cabina ed il dottore rimane con lui, temo nun ce siano molte speranze per il mio amico...
Ora c'è da portà na nave in porto, e possibilmente farlo senza che altri ce rimettano er culo! Quindi comando io e pochi cazzi!!!

Il viaggio procede tranquillo, non mancava molto a Malta.
Orlando ha la scorza più dura del previsto, arriva a destinazione ancora vivo.

Er Dottò ha fatto bene il suo mestiere, Orlando è fuori pericolo ma le su ferite so' troppo gravi perchè possa riprenderse del tutto. Rimarrà paralizzato, e quindi riportato a Venezia, gliè daranno na' medaja ed un vitalizio ( come se non ne avesse già abbastanza de sordi! ). E' sulla sedia a rotelle ma mi ha assicurato che er cazzo je tira ancora, buon per lui!
Un po' me sento en colpa, fossi stato co' lui invece di lasciarlo cor frocio del dottò e lo squinternato, magari non se sarebbe fatto nulla.

Orlando parte per Venezia, er Dottò lo accompagna. Con lui ce vedremo più avanti.
Intanto oggi m'hanno fatto Priore ar posto de Orlando. Me sà che Giocondo c'è rimasto un po' male che m'hanno dato er comando, Er Patacca che ogni tanto gli esce non è malaccio, "lui" c'ha doti de comando... peccato che sia uno dei suoi amici immaginari!

Il gran capo oggi c'ha convocato a me ed allo squinternato, arriva il nuovo cappellano, vediamo che razza de individuo c'hanno appioppato.
Nun me aspetto un granchè, se l'hanno buttato su un cazzo di scoglio in mezzo a cagnacci da guerra come noi, o ha fatto na qualche stronzata, o se l'ha chiesto lui vuol dire che è nato stronzo di suo!
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La seconda ipotesi è quella giusta! E' tutto stronzo!
A pranzo s'è tirato nà menata sulla crucifissione cor capo, c'ha la stessa testa di Novella... siamo apposto!
In più gira con un tizio che c'ha la faccia di uno che stato ar gabbio quanto me, che non dice un cazzo, e scrive solo sul suo tacqquino , e quando apre bocca e solo per leccà er culo ar prete!
Abbiamo perso un comandante ed il Dottò è in gita, e per rimpiazzarli c'hanno mandato du sorciazzi... come se sulla nave nun ce ne fossero già abbastanza.

martedì 9 ottobre 2012

In the Navy


Contro un grande nemico ci vuole un grande eroe.


Vedo sempre più lontane le coste di Malta e in me la voce di Baracca è sempre più forte.
La sua ira è grande : “Io comandante Baracca, chiamato il Lupo dell’Egeo, sono di diritto il comandante delle tre navi”. Per ora cerco di contenermi e convinco Baracca a prendere il controllo solo per suggerimenti all’amico Ruggiero, nominato dal reggente comandante al Nostro posto.
“Cazzate la bolina e anche la randa! Timone a babordo direzione nord  sud-ovest est. Scattare marinaio : starai cercando lei o forse me??? Uomini, chi remerà di più, potrà trascorrere un mese di preghiera al convento della Rasata!”
Accompagnati dai consigli di Baracca il viaggio è tranquillo il vento e gli uomini sono carichi di forza   e raggiungiamo senza problemi le isole Cicladi nella notte.
L’unico fardello ben più pesante di tutte le ancore del mediterraneo sembrano essere Don Matteo e il suo tirapiedi Antonio Maria.
Un urlo spacca la tranquillità creature mezze donne e mezze pesce assaltano le navi, 2 uomini vengono catturati, grazie a Ruggiero e a Baracca riusciamo a spostarci velocemente da questo mare infestato. Dentro me Otto von Rokken si rammarica Mi sarebben piaciuten infilzare quelle mezze craturen. Anche loro essere donne e io avere grande curiosità. Chissà come sarebben stato posizione spiedino di pescem”.
Raggiungiamo Creta, come ci fa notare Ruggiero fa caldo molto caldo, siamo nei pressi della spiaggia di Suda. Si erge davanti a noi il relitto di una petroliera inglese affondata nella guerra dagli italiani. Ad un tratto un uomo cade in mare colpito da un cecchino capiamo che è appostato nella cabina di guida del relitto. Spariamo ma senza successo, Ruggiero con tutta la sua forza ruota il cannone e fa fuoco. Centra in pieno la cabina ma il cecchino non smette. Capiamo quindi che è un morto solo lui potrebbe resistere al fuoco di tre navi e ad una cannonata
Nel vedere la scena perdo il controllo è Baracca che ora mi comanda. Questa è stata la sua battaglia! Contro un grande nemico ci vuole un grande eroe.
“Uomini fuoco di copertura! Io, comandante Baracca, raggiungerò a nuoto il relitto. Tu mozzo passami una granata incendiaria. La porterò tra i denti e arrampicatomi in prossimità della cabina la lancerò al suo interno. Ruggiero conto sul tuo supporto di copertura” 
Riprendo coscienza solo dopo l’esplosione mentre galleggio sulle acque e vengo recuperato, Baracca è proprio un vero uomo quello che dice fa e così era accaduto. Gli uomini mi esultano come un eroe, la prima battaglia è vinta.
Grazie Baracca!

lunedì 8 ottobre 2012

La baia di Suda


Il viaggio per Creta, con una galeazza e due galee sotto la guida spirituale mia e militare di Fratello Ruggero, fu funestato dall'attacco, in pieno Egeo, di alcune creature, simili a sirene, che divorarono due soldati e fuggirono in mare, senza che ci fosse possibile controbattere. Così il Signore volle avvertirci di quanto siamo precari sul questa terra.
Ci avvicinammo a Creta da sud, presso il porto di Suda, dove ancora si trovano i relitti delle navi inglese affondate dalla X Mas, in un giorno che ancora alcuni degli Ospitalieri, già membri della X Mas, ricordano con orgoglio. Sapevamo, infatti, che il grosso dei nemici, i crudeli pirati Turchi capitanati da un sedicente emulo di Uluch Alì Pascià, che vorrebbe farsi passare per il redivivo antico generale, ma che ha dimostrato di aver raziocinio in più battaglie, avevano preso sede a nord, presso l'isola fortezza di Spinalonga.
Devo riconoscere che in questo frangente Fratello Giocondo dimostrò che, se era carente a fede, non lo era quanto ad audacia. Mentre le nostre navi entravano nella rada, un cecchino, nascosto nel relitto di una petroliera, cominciò a bersagliarci, con grande precisione. Il nostro fuoco di risposta non riusciva a stanarlo, e aveva già ucciso tre dei nostri – prontamente fatti a pezzi dai commilitoni – quando Fratello Giocondo si gettò dalla nave; raggiunse a nuoto la petroliera senza essere notato dal cecchino, distratto dal Signore e un poco anche dal fitto fuoco di copertura; si arrampicò sulla paratia della petroliera, cadendo solo tre volte; gettò una bomba nell'oblò dietro al quale si nascondeva il cecchino.
L'effetto su devastante, e solo perché Iddio vigila su di noi non ebbe effetti nefasti: la petroliera, che ancora conteneva residui del  materiale combustibile, prese fuoco. Parte di essa esplose in gran fragore, e se Fratello Gocondo si era rituffato in acqua e riuscì ad evitare conseguenze, una grossa scheggia quasi colpì la galea dove avevamo la Santa Barbara.

La via dello sbarco a Creta, però, era, almeno in apparenza, libera.

domenica 7 ottobre 2012

un misterioso omicidio...


(Antonio Maria Mariano Accobelli in un momento di contemplazione)

Del resto, il lassismo morale da lui e dai suoi accoliti permesso non mancava di sortire i suoi frutti avvelenati: nello stesso giorno in cui arrivammo, a Malta avvenne un assassinio, dei più crudeli. Un uomo, identificato come Luca Bottice (a detta di tutti irreprensibile) era stato visto vagare come morto, ucciso da una pugnalata, e fortunatamente smembrato dalle guardie prima che potesse nuocere. Non era stato derubato, la pura violenza che germoglia in chi è cieco ai richiami del Signore l'aveva ucciso.
Sebbene già il giorno dopo dovessimo partire per la presa di Creta, ci premurammo di porre qualche domanda: seguiti da Fratello Ruggero e da Fratello Giocondo, io e Antonio Maria ci recammo prima dal priore, poi nella casa del defunto, ma non trovammo alcuno spunto: nessuna ombra si gettava su Bottice. Era un uomo ordinato, colto nonostante la sua professione fosse di semplice operaio-calzolaio, ma nella sua vasta libreria (come accuratamente verificò Accobelli) non c'era traccia di libri all'Indice. L'unico aspetto peculiare era l'ottima vista sul porto che si godeva dalla finestra: i nostri prodi Ospitalieri ipotizzarono addirittura che fosse stato ucciso da qualcuno che voleva utilizzare quella casa. Di certo, comunque, non era stato ucciso in casa, perché la porta fu trovata chiusa e i morti non hanno sufficiente raziocinio per aprire una porta.
Lasciammo l'incarico di sorvegliare la casa e tornammo alla rocca: l'indomani mattina saremmo partiti.

Arrivo a Malta


Io, don Matteo Tommaso del Torchio, scriverò fedelmente i diari dei giorni che mi condurranno da Venezia alla presa di Creta, come cappellano militare degli Ospitalieri, affinché non accada come a San Novella, ucciso dagli infedeli timorosi della giusta e santa missione di cui era alfiere nella caccia all'eresia. In questo modo, se sarà volontà del Signore che io torni a Lui, qualcuno potrà leggere le mie memorie e perseguire i malvagi, qualora io non sia riuscito ad impetrar la loro punizione.

Al mio sbarco a Malta, rabbrividii: quegli infedeli rivestiti dei Sacrissimi Segni della Chiesa credendo di trovarvi rifugio dall'ira del Signore (o forse da quella degli uomini? Si sa che gli infedeli stoltamente temono anch'essa!) avevano ricoperto l'isola, già sacra, dei segni della loro perversione. Già dal porto si vedevano, sul dorso di una collina, croci utilizzate non già per devozione, ma per punire i colpevoli di atti indegni. Assurdo e blasfemo! Essere affissi in croce come Nostro Signore dovrebbe essere un premio per i migliori, non certo un segno d'infamia!
L'assenza di San Novella, mio ispiratore, era stata disastrosa per i costumi dei locali: il mio ruolo di cappellano militare sarebbe stato arduo, e lo compresi subito. Per fortuna che potevo avvalermi del valido appoggio del mio valente notaio, Antonio Maria Accobelli(l'uomo il cui taccuino è più tagliente di un expiator).
Se ancora avessi nutrito dei dubbi, essi furono fugati dall'incontro con il Reggente, che ci venne ad accogliere al nostro sbarco accompagnato da due individui sulla cui irreprensibilità non scommetterei le offerte della Messa delle sei: Fratello Ruggero, una montagna d'uomo, e Fratello Giocondo, uno strano fratello che subito si mise a farneticare di un Convento della Rasata sul quale dovrò indagare (sospetto che celi il meretricio), ed il cui arto più sviluppato sembrava essere quello che non si usa né per pugnare, né per marciare contro il nemico.
Fratello Giocondo, inoltre, mostrava chiari sintomi di possessione demoniaca: lo udimmo parlare con voci e personalità diverse. Sto studiando un esorcismo che potrebbe liberarlo, ma temo che la sua vera personalità non sia migliore di quelle che dimostra durante le possessioni.
Io feci subito presente al Reggente quanto fosse inopportuno utilizzare le croci come forma di punizione, premurandomi anche di suggerire una valida alternativa quale l'impalamento, mentre Antonio Maria Accobelli – sempre accondiscendente – era disposto perfino a concedere la graticola, ma il Reggente non sembrò prendere in giusta considerazione la gravità del fatto. Dovremo tenerlo d'occhio, è quasi ovvio che si tratti di un eretico, nella migliore delle ipotesi, e un adoratore del Demonio nella peggiore: chi altri potrebbe fare un simile uso della santissima Croce?